LOGO
  • 50 candeline per il Festival del Cinema – Nuovo – di Pesaro

    Un passato ricco di storia e un futuro che è tutto da scrivere. A distanza di 50 anni la Mostra del Nuovo Cinema di Pesaro ha mantenuto la sua identità di manifestazione votata alla scoperta.

    Diretta da Giovanni Spagnoletti, a distanza di 50 edizioni, la Mostra del Nuovo Cinema di Pesaro ha mantenuto la sua identità di manifestazione votata alla scoperta, di piattaforma da cui giovani registi e nuovi linguaggi prendono lo slancio verso il grande pubblico. Di festival in cui si può rinunciare ai lustrini e ai tappeti rossi ma non alla ricerca, alla cultura, alla curiosità e alla sperimentazione. E, nonostante la mezza età, la Mostra non ha perso la freschezza di festival giovane che propone uno sguardo inedito – “nuovo”, come vuole il suo nome – sui film nazionali e internazionali, e che invita lo spettatore a un viaggio nel cinema di oggi, per (pre) vedere quello di domani.

    Per onorare questo impegnativo traguardo la Mostra del Nuovo Cinema ha articolato il suo programma in tre sezioni principali. “Il mouse e la matita” vuole mappare in tutte le sue forme l’ormai vivacissimo panorama dell’animazione italiana, soprattutto sul versante sperimentale ma non dimenticando quello meno di nicchia – un panorama, che, nell’ultimo decennio, con il definitivo avvento del digitale, ha trovato nuove forme di espressione e diffusione. Gli Stati Uniti sono invece i protagonisti di un ricco focus che porta in maniera organica in Italia il cinema più nuovo, sperimentale e indipendente d’Oltreoceano dall’inizio del nuovo millennio a oggi. Infine un’ampia parte della programmazione è dedicata alle celebrazioni per le cinquanta edizioni del Festival.

    L’animazione nostrana costituisce un universo in genere poco conosciuto dal pubblico e dalla critica, se non nelle sue forme di massimo successo come, ad esempio, la factory “Rainbow” creata a Loreto da Iginio Straffi con il fenomeno planetario delle Winx. Si tratta di un settore audiovisivo in cui la scuola marchigiana mostra un fermento d’idee, capacità tecniche e spirito imprenditoriale che non hanno eguali in Italia. Quale miglior modo – ci siamo detti – per celebrare una grande eccellenza delle Marche proprio in un’occasione di un anniversario tanto importante per la nostra manifestazione e per la Scuola del Libro di Urbino, fucina della scuola marchigiana, che invece compie sessant’anni di attività? Proprio lì si sono infatti formati autori come Roberto Catani, Mara Cerri, Julia Gromskaya, Magda Guidi, Simone Massi, Beatrice Pucci o Gianluigi Toccafondo.

    Comunque la selezione proposta che è accompagnata da una tavola rotonda e da un libro edito da Marsilio dal titolo appunto, “Il mouse e la matita”, non vuole restare confinata all’ambito locale ma si prefigge di far luce su tutta la gamma dell’animazione italiana, nota e meno nota, che ha dimostrato una visione innovativa e una capacità di produrre nuovo cinema. Il tutto con più di cento lavori in totale, tra lunghi, corti, video musicali e titoli di testa da film, da lungometraggi d’animazione come Pinocchio di Enzo D’Alò, L’arte della felicità di Alessandro Rak, Robin Hood di Mario Addis e Johan Padan a la descoverta de le Americhe di Giulio Cingoli sino a vari focus sul mondo poetico di Basmati, Leonardo Carrano, Julia Gromskaya, Magda Guidi, Igor Imhoff, Simone Massi, Cristina Diana Seresini, Gianluigi Toccafondo e Virgilio Villoresi. In quest’approssimazione a una quasi Storia dell’animazione italiana contemporanea non si può dimenticare il ruolo del Piemonte e del Corso di animazione del CSC di Torino che oltre ad una selezione dei lavori lì prodotti da nuovi talenti porta a Pesaro in collaborazione con la Cineteca Italiana di Milano e l’istituto Luce un’interessante e inedita retrospettiva “Cartoon e moschetto – le animazioni di regime di Liberio Pensuti”. Numerose poi saranno le anteprime assolute di nuovi lavori al Festival, tra le quali si segnalano Zero di Igor Imhoff, Festina lente di Alberto D’Amico, Pene e crudité di Mario Addis, Commonevo e Flussi di Basmati, L’esploratore di Fabio M. Iaquone, Jazz for a massacre di Leonardo Carrano, un nuovo episodio di Gino il Pollo di Andrea Zingoni e Latitude di Claudia Muratori.
    Notoriamente gli USA sono stati, dagli anni ’60, una delle più importanti fucine del cinema indipendente e sperimentale. Curato dalla Mostra insieme al critico Jon Gartenberg, “Panorama Usa: il cinema sperimental-narrativo nel nuovo millennio” si prefigge di documentare uno dei lati meno conosciuti della principale cinematografia mondiale nell’era del post 11 settembre. Non si tratta più, come una volta, di un cinema di ricerca underground, ma la medesima spinta innovativa è declinata oggi con una grammatica che utilizza elementi più decisamente narrativi. Stilisticamente le opere proposte sono molto eterogenee: si va dal found footage alla sperimentazione nella fiction, spesso in forme ibride che si collocano nei territori di confine tra finzione e documentario, senza dimenticare il campo del disegno animato. Paradigmatico da questo punto di vista è, oltre all’animazione gotica di Consuming Spirits, realizzata dopo quindici anni di lavoro da Chris Sullivan, il lavoro del filmmaker italoamericano John Canemaker (John Cannizzaro Jr.), premio Oscar nel 2006 con il corto di animazione The Moon And The Son, toccante ritratto autobiografico sulla problematica relazione tra il regista e il padre di origine italiana, con le voci di John Turturro ed Eli Wallach. Il regista, insieme a un nutrito gruppo di altri filmmaker americani, sarà al festival per presentare il film e tenere una master class sull’animazione che così va a completare, in una sinergia tra le varie sezione, il discorso fatto su quella di casa nostra.
    La retrospettiva sul cinema sperimentale-narrativo americano – una rigorosa selezione di oltre trenta opere, lunghe e corte – si prefigge di fornire un’ampia visione su un panorama culturale e socio-politico in costante fermento, toccando temi particolari e universali, ad esempio, per citarne solo alcuni, la nascita del “Delta Blues” in The Great Flood di Bill Morrison, i ritratti dei grandi fotografi afroamericani in Through A Lens Darkly di Thomas Allen Harris o l’emergere delle periferie americane nel trittico The Suburban Trilogy di Abigail Child. E ancora: riflessioni filmiche su New York e sulla storia americana (il grande veterano Jonas Mekas in This Side of Paradise e la più giovane Penny Lane in Our Nixon rispettivamente su Kennedy e Richard Nixon) o ancora il problema dell’identità post 9/11 come in The Time We Killed di Jennifer Reeves, oppure la crisi dell’istituzione familiare in Pretend di Julie Talen e quella dei rapporti familiari nell’opera prima di un promettente figlio d’arte, Azazel Jacobs, in Momma’s Man. James Franco, una delle figure leader dell’odierna Hollywood, ha realizzato insieme a Ian Olds un originale lavoro, Francophrenia, nel quale il backstage di una performance dell’affermato autore-attore in una soap opera diventa thriller ansiogeno sull’esplorazione della propria identità. E qui per ragioni di spazio ci dobbiamo fermare, dimenticando tanti altri importanti autori o affermati maestri: da Ken Jacobs e James Benning a Marie Losier e Barbara Hammer, da Jay Rosenblatt e John Gianvito a James Wentzy sino a un programma di “Indies” che hanno girato qui nel nostro paese come Ken Kobland sulle Cinque Terre (Ideas Of Order in Cinque Terre), Josh Gibson sulla Toscana (Light Plate) oppure Rhinoceros di Kevin Jerome Everson sulla emblematica figura di Alessandro de Medici.
    Il Concorso-Premio Lino Micciché propone, come di consueto, al giudizio della Giuria professionale e a quella di giovani studenti, film provenienti dai punti caldi della produzione cinematografica mondiale. Tra i titoli selezionati, troviamo l’indiano Liar’s Dice di Geethu Mohandas, il cileno Raiz di Matías Rojas Valencia, il colombiano Tierra en la lengua di Rubén Mendoza, il franco-americano Swim Little Fish Swim di Lola Bessis e Ruben Amar (che apre le proiezioni in Piazza), l’estone Free Range di Veiko Õunpuu, il curdo The Fall from Heaven di Ferit Karahan e I resti di Bisanzio di Carlo Michele Schirinzi, già frequentatore in passato della Mostra. Tra gli eventi speciali in Piazza ricordiamo il film collettivo I ponti di Sarajevo in cui hanno lavorato molti registi passati al nostro Festival che, dopo l’anteprima a Cannes, sarà proiettato nella notte tra il 27 e il 28 giugno in concomitanza con la presentazione a Sarajevo e a distanza di cento anni esatti dall’attentato nella città bosniaca che ha dato inizio alla Prima guerra mondiale. L’Italia è rappresentata dagli episodi di due registi napoletani: Leonardo Di Costanzo e Vincenzo Marra.
    La retrospettiva si compone di quindici titoli in edizione originale, scelti tra le opere più importanti presentate durante le prime dieci edizioni della Mostra pesarese. Alcuni titoli: Diamanti nella notte (Jan Nemec, 1965), Rysopis (Jerzy Skolimowsky, 1965), L’uomo non è un uccello (Dusan Makavejev, 1966), Made in USA (Jean-Luc Godard, 1967), Memorias del subdesarrollo (Tomas Gutierrez Alea, 1968), Satellite (Mario Schifano, 1968), Tropici (Gianni Amico, 1968), Notte e nebbia del Giappone (Nagisa Oshima, 1960), C’era una volta un merlo canterino (Otar Iosseliani, 1970, che verrà di persona a presentare il suo film) e El espiritu de la colmena (Victor Erice, 1973). Nella tavola rotonda (a cura di Bruno Torri) si confronteranno figure storiche della Mostra e i nostri ospiti per fare il punto sull’idea di nuovo cinema tra passato, presente e futuro. Infine l’Omaggio a Lino Micciché si articola nella proiezione di cinque documentari da lui realizzati e una scelta delle sue apparizioni televisive più significative (in collaborazione con Rai Teche); sarà inoltre proposto il recente documentario di Francesco Micciché (curatore dell’omaggio): Lino Micciché, mio padre. Una visione del mondo.

    20140614-173223.jpg

    Read more »
  • ,,

    Via Castellana bandiera: Occhi contro occhi

    Emma Dante in concorso a Venezia con il suo primo lungometraggio. Esordio da Leone per un’opera che diventa allegoria di un intero paese.
    3stelleemezzo

    Via Castellana Bandiera, Palermo, Italia. Luoghi fisici che nell’esordio alla regia di Emma Dante sono funzionali ad un racconto che parla di un non luogo, di una metafora che potrebbe definirsi glocal, tanto parte dal microcosmo di una stradina di periferia per parlare a tutti.
    A singolar tenzone si sfidano due donne, due opposte ostinazioni. Per una volta sono gli uomini il coro, il duello all’ok Corrall lo sostengono due donne, attraverso i loro volti intensi, i loro sguardi, lunghi, interminabili silenzi.
    È l’allegoria di un Paese intero Via Castellana Bandiera, di un modo di pensare, dell’incapacita’ di osservare le reciproche differenze per superare con sguardo terzo, non con il puro scontro distruttivo.
    Una disputa automobilistica per il diritto di precedenza e’ lo spunto narrativo per la Dante, che attraverso il punto di osservazione di due automobili strette tra un muro e poche povere case racconta tanti individui, molti mondi tra loro sconosciuti e poco permeabili, molte donne ed attraverso di loro altrettanti uomini.
    Indiscutibilmente un buon esordio quello della regista teatrale, che grazie ad una buona interpretazione affronta la prima regia a tutto tondo. Piccolo ma impegnativo ruolo per Alba Rohwacher, una delle tre protagoniste assieme alla sua regista.
    Primo meritatissimo tappeto rosso a 82 anni, dopo una vita dedicata al teatro per Elena Cotta, che in Via Castellana Bandiera recita quasi solo con gli occhi, interpretando il ruolo di Samira, donna granitica che duella con le più giovani protagoniste.
    Il film dopo la calorosa accoglienza di critica e pubblico si appresta ad affrontare il pubblico, dal 12 settembre con la premiere a Palermo e dal 19 in tutta Italia.

    Titta DiGirolamo

    Read more »
  • ,,

    Sotto le stelle dell’Austria, a Roma

    A Roma per scoprire sul grande schermo alcuni dei titoli più significativi di una cinematografia molto viva con Sotto le stelle dell’Austria – Il meglio del cinema austriaco dai festival di tutto il mondo, sponsorizzato dal Forum Austriaco di Cultura Roma che ha deciso di aprire al pubblico gli splendidi spazi del cortile interno e inaugurare l’arena estiva.
    Da alcune stagioni, d’altronde, il cinema austriaco vive un periodo di straordinario successo e di riconoscimenti internazionali: Amour di Michael Haneke, Palma d’Oro a Cannes e Oscar per il miglior film straniero, rappresenta l’ennesima conferma di questo momento eccezionale.

    La manifestazione, che prevede l’ingresso gratuito e tutte le proiezioni in versione originale sottotitolata, inizierà il 25 giugno proprio con Amour di Haneke, fresco di un David di Donatello come miglior film europeo, e proseguirà ogni martedì e mercoledì fino al 17 luglio. Nel programma, ricco di inediti e anteprime nazionali, spiccano tra gli altri Der Glanz des Tages, il nuovo film della coppia Tizza Covi e Rainer Frimmel, già conosciuti in Italia per La pivellina, e Die Lebenden, di Barbara Albert, una delle maggiori registe austriache contemporanee, che firma un appassionante road movie in giro per l’Europa seguendo la giovane protagonista alla ricerca dei segreti di famiglia.

    Da non mancare inoltre il surreale Soldate Jeannette, fresco della vittoria all’ultimo Festival di Rotterdam e del successo al Sundance Festival, girato dall’ex assistente di Ulrich Seidl, Daniel Hoesl. Altri esordi folgoranti sono quelli di Marie Kreutzer, premiata a Berlino per il suo Die Vaterlosen, che ritrae una famiglia nata ai tempi delle comuni hippie, e dell’attore Karl Markovics, osannato a Cannes per il suo Atmen. Senza dimenticare un altro debutto clamoroso, Michael di Markus Schleinzer: accolto anch’esso con entusiasmo al Festival di Cannes, ha scioccato le platee di tutto il mondo con una storia di pedofilia ispirata a un drammatico caso di cronaca. Chiude la manifestazione l’anteprima di Deine Schönheit ist nichts wert…, emozionante favola sull’immigrazione diretta dal giovane regista di origini turche Hüseyin Tabak, allievo di Haneke alla Filmakademie di Vienna.

    Un’occasione imperdibile, insomma, per tutti gli appassionati del grande cinema e per chiunque voglia conoscere uno degli aspetti più dinamici e affascinanti della cultura austriaca.

    FORUM AUSTRIACO DI CULTURA ROMA
    Viale Bruno Buozzi 113, 00197 Roma
    Tel.: 06 360837-1
    www.austriacult.roma.it
    ingresso gratuito

     

    PROGRAMMA COMPLETO

    MARTEDÌ 25 GIUGNO, ore 21.00
    AMOUR
    (2012, durata: 127’) di Michael Haneke
    con Jean-Louis Trintignant, Emmanuelle Riva, Isabelle Huppert
    Vincitore della Palma d’Oro a Cannes e dell’Oscar come miglior film straniero, Amour è stato uno dei casi cinematografici degli ultimi anni. Georges e Anne sono due anziani professori di musica ormai in pensione. Quando Anne resta vittima di un incidente, l’amore che unisce la coppia è messo a dura prova, fino alle conseguenze più estreme. Capolavoro della maturità di Haneke, che stempera la durezza del suo cinema con un racconto di profonda umanità, sorretto da tre interpreti leggendari.

    MERCOLEDÌ 26 GIUGNO, ore 21.00
    DIE LEBENDEN
    (2012, I viventi, durata: 110’) di Barbara Albert
    con Anna Fischer, Emily Cox, Winfried Glatzeder
    Inseguendo alcune domande brucianti sul passato della sua famiglia, la giovane Sita si mette in viaggio attraverso l’Europa, da Berlino a Vienna, da Varsavia a Sofia. Insieme alle risposte che cercava troverà anche se stessa. Barbara Albert è una delle maggiori registe austriache contemporanee (Nordrand, Lovely Rita), e per Die Lebenden ha attinto alla propria storia personale componendo una parabola quanto mai attuale sui temi della responsabilità, della colpa e del perdono.

    MARTEDÌ 2 LUGLIO, ore 21.00
    SOLDATE JEANNETTE
    (2013, durata: 80’) di Daniel Hoesl
    con Johanna Orsini-Rosenberg, Christina Reichsthaler, Josef Kleindienst
    Fanni è una ricca signora viennese che passa le giornate tra shopping sfrenato, lezioni di taekwondo, saloni di bellezza e cineclub. Le apparenze tuttavia nascondono una realtà ben diversa: la donna è sul lastrico e una fuga in campagna segnerà una svolta inaspettata nella sua vita. Debutto surreale e corrosivo di Hoesl, già assistente di Ulrich Seidl, che racconta la crisi (morale e economica) dell’Europa moderna attraverso un personaggio memorabile. Vincitore dell’ultimo Festival di Rotterdam.

    MERCOLEDÌ 3 LUGLIO, ore 21.00
    DER GLANZ DES TAGES
    (2012, Lo splendore del giorno, durata: 90’) di Tizza Covi e Rainer Frimmel
    con Walter Saabel, Philipp Hochmair
    Philipp è un attore di successo e la sua vita si divide tra prove, esibizioni e riconoscimenti prestigiosi. La routine è interrotta dall’arrivo di Walter, zio dimenticato che vive alla giornata, con un passato da artista del circo: l’amicizia tra i due spingerà Philipp a vedere la sua vita e il suo mestiere con occhi diversi. Dagli autori de La pivellina, un’opera capace di commuovere e appassionare con illuminante semplicità. Premio per la migliore interpretazione a Saabel al Festival di Locarno.

    MARTEDÌ 9 LUGLIO, ore 21.00
    DIE VATERLOSEN
    (2012, Senza padre, durata: 104’) di Marie Kreutzer
    con Andrea Wenzl, Philipp Hochmair, Andreas Kiendl, Emily Cox
    In una grande casa di campagna, quattro fratelli si ritrovano riuniti al capezzale del padre morente. Tra loro c’è anche Kyra, allontanata dal resto della famiglia quando il padre era un hippie dedito all’amore libero. Tra ricordi e rivelazioni inaspettate, sarà per tutti un’occasione per fare un bilancio della propria vita. In bilico tra commedia e dramma, un esordio folgorante premiato al Festival di Berlino e alla Diagonale di Graz, anche grazie a un cast di giovani attori di rara credibilità.

    MERCOLEDÌ 10 LUGLIO, ore 21.00
    MICHAEL
    (2011, durata: 96’) di Markus Schleinzer
    con Michael Fuith, David Rauchenberger
    Michael ha una vita normale: lavora in una compagnia di assicurazioni, vive da solo in una villetta a schiera e incontra di rado la madre e la sorella a cui racconta di avere una compagna in Germania. Quello che nessuno sa è che tiene prigioniero un bambino di 10 anni nel suo scantinato… Già collaboratore di Haneke, Schleinzer gira un’opera scioccante sulla banalità del male, costringendo lo spettatore a un tour de force emotivo ma offrendo in cambio una delle vette del cinema austriaco degli ultimi anni.

    MARTEDÌ 16 LUGLIO, ore 21.00
    ATMEN
    (2011, Respirare, durata: 94’) di Karl Markovics
    con Thomas Schubert, Karin Lischka, Georg Friedrich
    Roman ha diciotto anni e viene rinchiuso in un istituto correzionale giovanile. Dopo aver scontato metà della pena potrebbe uscire sulla parola, ma non ha molte possibilità di inserimento sociale finché trova un lavoro all’obitorio municipale di Vienna. Qui farà una scoperta che cambierà per sempre la sua vita. Un emozionante film di formazione, un ritratto dell’adolescenza capace di coinvolgere senza retorica e sentimentalismi. Il regista, Karl Markovics, è un attore celeberrimo in Austria e all’estero.

    MERCOLEDÌ 17 LUGLIO, ore 21.00
    DEINE SCHÖNHEIT IST NICHTS WERT…
    (2013, La tua bellezza non vale niente…, durata: 86’) di Hüseyin Tabak
    con Abdulkadir Tuncer, Nazmî Kirik, Lale Yavas
    Veysel ha dodici anni e insieme alla sua famiglia, arrivata a Vienna dalla Turchia, fatica a integrarsi nel nuovo paese. Anche a scuola le cose non vanno meglio e l’unico raggio di sole per Veysel è l’amore per una compagna, Ana. Le cose si complicano, però, quando l’intera famiglia rischia l’espulsione… Tedesco di origine curda e allievo di Haneke alla Filmakademie di Vienna, Tabak affronta la questione dell’immigrazione mescolando sapientemente realismo e poesia.

    Read more »
  • ,

    Amore Carne evento del Festival di Pesaro

    Amore Carne di Pippo Delbono – film, girato con il telefonino e un piccola camera, fatto di momenti unici e incontri attraverso testimoni famosi e no che ci rappresentano la loro visione dell’universo – sarà presentato alla 49ma edizione della Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro all’interno dell’Evento Speciale Fuori norma. La via sperimentale del cinema italiano (2000-2012) curato da Adriano Aprà il 26 giugno al Cinema Teatro Sperimentale.
    Ma la Manifestazione marchigiana, giunta quest’anno alla sua 49esima edizione, ha svelato tutte le carte del proprio mazzo, anticipando la settimana di intense attività e incontri che attendono gli addetti ai lavori e gli appassionati intenzionati a parteciparvi dal 24 al 30 giugno.

    Quest’anno si festeggia la vitalità del nuovissimo cinema cileno e la ‘meglio gioventù’ sperimentale italiana con l’Evento Speciale nel concorso Pesaro Nuovo Cinema, ove l’italia è rappresentata da ben due film: L’estate sta finendo di Stefano Tummolini e Non lo so ancora di Fabiana Argentini. Ma dopo il film di apertura in piazza, A long and happy life di Boris Khlebnikov, ecco una panoramica delle principali proposte del Festival 2013

    Il Concorso, il cui premio è dedicato alla memoria di Lino Miccichè, fondatore e storico direttore del festival, presenta sette film provenienti dai quattro angoli del mondo, molti dei quali più volte  frequentati in passate occasioni: il Cile con la Chupilca del diablo di Ignacio Rodriguez, il Messico con l’horror ‘naturalistico’ Halley di Sebastian Hoffman, la Romania con Matei child miner di Alexandra Gulea, la Slovacchia con My dog killer di Mira Fornay, il Canada con Kayan di Maryam Najafi. l’Italia è rappresentata da ben due opere, L’estate sta finendo (un tranquillo week end di paura firmato da Stefano Tummolini) e una storia che ha a che fare con uno dei più amati critici cinematografici italiani, Morando Morandini: Non lo so ancora, esordio di Fabiana Sargentini.

    Nueva Ola Chilena. Focus On Sebastián Lelio. dopo aver esplorato negli scorsi anni altre cinematografie dell’america latina, il focus di quest’anno si concentrerà sul cinema cileno contemporaneo che sta vivendo un’altra giovinezza e sui registi più rappresentativi del paese. particolare attenzione sarà riservata a Sebastián Lelio, con una personale dei suoi lavori. Venerdi 28 giugno (in mattinata, a palazzo gradari) è programmata una tavola rotonda con i registi cileni presenti a Pesaro.

    L’evento speciale. il 27° evento speciale sul cinema italiano è fuori norma: sarà dedicato alla Via sperimentale del cinema del Belpaese nel nuovo millennio, con una selezione di quaranta opere che spaziano dall’animazione al documentario, dal corto al lungometraggio, per una vasta ricognizione nelle pieghe più avanguardistiche – e tristemente ignorate – della nostra produzione cinematografica, tra talenti già riconosciuti e altri che aspettano di emergere. Sabato 29 giugno (in mattinata, a Palazzo Gradari), con i registi dell’evento speciale presenti a Pesaro, è programmata una tavola rotonda, moderata da Bruno Torri e Adriano Aprà.

    Cinema in piazza accoglierà anche quest’anno nello scenario di piazza del popolo una selezione di opere provenienti da tutte le sezioni del festival, a cominciare dal film di apertura, A long and happy life di Boris Khlebnikov, già applaudito al festival di Berlino, per concludersi con l’anteprima italiana dell’ultimo film di Sebastián Lelio, Gloria. Per dimostrare che il grande cinema, quello “nuovo” e quello che ha fatto la storia, piace anche al grande pubblico.

    Si conferma e si rinnova anche lo spazio anticonvenzionale, notturno e cinefilo del dopofestival, il Round Midnight: un’incursione nelle nuove frontiere dell’audiovisivo dedicato, tra gli altri, a Mauro Santini, Francesco Lettieri e al Lems.

    Omaggio a Gianni Toti. La proiezione in anteprima di Scenari dal Toti-verso, rende omaggio ad un grande amico del festival scomparso nel 2007 e precursore della videoarte nostrana, nonchè inventore della poetronica (poesia elettronica).

    Lo sguardo femminile nell’animazione russa contemporanea. Pesaro continua la sua ricognizione del cinema russo al femminile, puntando la sua lente d’ingrandimento sull’animazione e su figure come Maria Muat, Natalia Dabizha, Irina Marglina e Ekaterina Skvortsova.

    Il Workshop. Condotto da un’importante personalità del settore, il marchigiano Daniele Gaglianone (Pietro, Ruggine), sarà l’occasione per sperimentare l’intero processo produttivo di un cortometraggio.

    Giunge alla settima edizione il Premio Amnesty International, che premierà il cinema più attento alla difesa e alla promozione dei diritti umani.

    In collaborazione con Cliciak, il concorso per fotografi di scena del centro cinema città di Cesena, e l’associazione culturale il teatro degli artisti, si terrà negli stessi giorni del festival presso la galleria di Franca Mancini la mostra fotografica tra ricerca e regionalismo. cinema indipendente italiano (2000–2012), ideale proseguimento dell’evento speciale sul nostro cinema sperimentale.

    Avanfestival (23 giugno): per entrare subito nel clima del festival, ad anticiparne l’apertura sarà la proiezione del cileno No – i giorni dell’arcobaleno, ultimo capolavoro di Pablo Larraín.

    E ancora… Il premio cinemarche giovani, il Perf 2013, la giuria giovane, il marketing guerilla, Pesaro a Roma, Pesaro Online.

    manifesto_minc_49

    Read more »
  • ,,

    Cinelatino 2013, rivelazioni a Bergamo

    Dal 18 al 22 giugno grande attesa per la sesta edizione di Cinelatino, che proporrà al pubblico italiano il meglio della produzione latinoamericana.
    Una produzione che non dà segni di cedimento e che di anno in anno rivela autori nuovi e film che attingono ai generi più vari, raccontando storie tra le più diverse e imprevedibili.
    È sempre un’avventura per lo spettatore italiano, che sovente è tenuto in condizioni di inferiorità da una distribuzione miope e timida, avvicinare una cinematografia che si articola su molteplici aree geografiche ma che riesce a rappresentare e a materializzare l’identità di un intero continente. L’impressione, infatti, è che la parte centro-meridionale del continente americano, pur nella varietà dei tanti Stati che la compongono, possegga una sorta di sovra-identità, costituita da elementi che in qualche modo la definiscono e la rendono riconoscibile agli occhi dello spettatore.

    Il cinema latino americano si distingue per la vivacità, la capacità di raccontare il presente e rovistare nel passato, muovendosi tra la realtà di ogni giorno, tra le vicende di persone che si confrontano con i problemi della vita e che a volte si misurano con la grande Storia, anche se spesso rimane sullo sfondo.
    Come nel colombiano La Sirga di William Vega, che narra della giovane Alicia, in fuga dall’orrore di una guerra che sta dilaniando il suo Paese da oltre cinquant’anni e che crede di avere trovato un rifugio sicuro nella casa dello zio Óscar, immersa nella natura e apparentemente lontana dai drammi del mondo reale. L’arrivo del cugino comincia a far traballare la sicurezza tanto sperata. Film dai tempi sospesi, dove ogni fatto sembra chiuso in una tranquilla ripetitività, ma dove in realtà le cose cambiano in maniera quasi impercettibile costringendo Alicia a un’altra, decisiva scelta.
    Dal Cile arriva un film accorato e di grande forza evocativa, Violeta se fue a los cielos di Andrés Wood, un partecipe e intenso ritratto di Violeta Parra, complessa figura di cantante, poetessa e artista che ha contribuito a far conoscere la tradizione musicale del proprio Paese. Il regista ne ricostruisce la vicenda umana montando brani della sua ultima intervista concessa e momenti di finzione che ne ricostruiscono la vita, fatta di grandi sprazzi di creatività e di lunghe ombre provocate dalla depressione e da un carattere aspro e drammaticamente difficile.
    Rimaniamo in Cile, che si sta rivelando come uno dei Paesi più interessanti per quanto riguarda la qualità delle produzioni e degli autori emergenti, con De jueves a domingo della giovane Dominga Sotomayor Castillo, classe 1985, che ci presenta gli ultimi quattro giorni della vacanza di una famiglia tipo, madre padre e due figli, un’occasione di svago che coincide in realtà con la definitiva separazione dei due giovani genitori. Uno degli esordi più interessanti, quello di Dominga Sotomayor Castillo, che tratteggia il conflitto in maniera allusiva, passando attraverso il filtro dello sguardo silenzioso e interrogativo di Lucía, una bambina di dieci anni che in breve tempo deve fare i conti con la perdita del candore e della spensieratezza infantili.
    Altro Paese che si sta imponendo sulla scena internazionale è il Messico, di cui Cinelatino presenta due film. No quiero dormir sola di Natalia Beristáin, presentato alla Settimana Internazionale della Critica all’ultima edizione del Festival di Venezia, racconta di un rapporto a due tra Amanda e l’anziana nonna Dolores, che la giovane si trova costretta ad assistere, misurandosi con il dramma dell’alcolismo e della degenerazione provocata dall’Alzheimer. Ma questa esperienza aprirà gli occhi alla nipote facendole scoprire la ricchezza di un rapporto umano sincero, che, nella pazienza e nella dolcezza, sottolineate da uno stile delicato e trattenuto, troverà un epilogo per niente scontato.
    L’altro film è La demora di Rodrigo Plá, che, oltre al Messico, vede coinvolto nella produzione anche il Paraguay. Anche qui, al centro c’è il problema della vecchiaia: María, madre di tre figli, deve prendersi cura anche dell’anziano padre Agustín, affetto da demenza senile, che è fuggito di casa per raggiungere i luoghi dove abitava un tempo. Il regista, già autore di La zona, uscito in Italia nel 2008 e presentato nell’edizione di quell’anno di Cinelatino, utilizza la vicenda di María per denunciare le storture di una società che non sostiene i singoli sul piano dell’assistenza sociale e anzi li umilia con continui rimbalzi tra impedimenti burocratici e disimpegni istituzionali.
    Paraguayano è anche l’interessante 7 cajas, che porta la firma di una coppia di registi, Juan Carlos Maneglia e Tana Schémbori, già attivi nel mondo della pubblicità. Il film è curioso: si svolge tutto negli immensi mercati di Asunción, nell’arco di ventiquattro ore, e racconta del tormentato trasporto di sette casse da parte del giovane Víctor, che non ne conosce il contenuto, come d’altronde lo spettatore, e che si trova a dover superare ostacoli a dir poco impegnativi. Lo stile adottato dai due autori è veloce e vivace e ben traduce il percorso concitato del protagonista, costretto a fuggire continuamente dalle minacce che gli piovono addosso per la presenza e l’interesse di individui poco raccomandabili.
    L’Argentina rimane un Paese dove la produzione cinematografica continua a proporre opere e autori di ottimo livello. Un regista già noto, quasi un veterano, come Carlos Sorín realizza con Días de pesca un film intimista; è la storia di Marco Tucci, un commesso viaggiatore che decide di dare una svolta alla propria esistenza dopo un soggiorno in un centro di disintossicazione. La decisione dell’uomo in realtà nasconde un secondo fine: l’intenzione di riavvicinare una persona molto cara e di rimarginare antiche ferite. Negli splendidi paesaggi della Patagonia, Marco sperimenterà le enormi difficoltà che si devono superare quando ci si muove tra le macerie dell’animo umano.
    Il giovane Armando Bo si cimenta nel lungometraggio di finzione con El último Elvis, dove Carlos, lasciato dalla moglie e con una figlia piccola che ha sempre trascurato, si identifica a tal punto con l’amato Elvis Presley da vivere con grande inquietudine il fatto di avere raggiunto l’età in cui il suo idolo è morto. Il regista argentino già dimostra di possedere abilità e consapevolezza nella costruzione narrativa; accompagna la solitudine del suo personaggio, l’ossessione che domina la sua vita, le sue esibizioni musicali senza nulla concedere al macchiettismo o all’ascolto troppo orecchiabile.

    L’iniziativa Cinelatino è promossa da TenarisDalmine, organizzata da Gamec, Fondazione Dalmine, Fundación Proa, Bergamo Film Meeting, e curata da Sara Mazzocchi (Gamec) e Angelo Signorelli (Bergamo Film Meeting), come si legge nell’ottimo e aggiornato sito ufficiale che vi invitiamo a consultare: http://www.cinelatino.it/

    Read more »
  • Il caso Kerenes: Affari di famiglia

    Dal regista rumeno Călin Peter Netzer un tragico interno familiare, un amore materno mostruoso e castrante al centro della pellicola vincitrice dell’Orso d’Oro e del Premio della Critica Internazionale all’ultimo Festival di Berlino.
    VOTO: 3,5

    Cornelia (straordinaria Luminiţa Gheorghiu, un curriculum lungo alle spalle, fitto di cinema e teatro) sofisticata e matura donna in carriera, ha un’unica ossessione: essere amata dal figlio Barbu (Bogdan Dumitrache) un ragazzo debole e mai cresciuto. Quando il giovane uccide un ragazzino, in un terribile incidente d’auto, la madre muove mari e monti, denaro e conoscenze, per impedire che venga condannato al carcere.
    La macchina da presa segue nervosamente i volti dei personaggi, dialoghi che tagliano come un bisturi, in una sceneggiatura perfettamente disegnata da Răzvan Rădulescu. L’analisi del regista rumeno Călin Peter Netzer affonda nelle pieghe di una società alto-borghese corrotta che manipola le vite e i destini delle persone, e di cui Cornelia diventa l’emblema, un’élite che guarda dall’alto in basso le classi inferiori vessate che si nutrono di rabbia e violenza.
    Ma non è questo il vero nucleo emotivo de Il caso Kerenes che mira ad approfondire il rapporto distorto “quasi patologico” – lo definisce il regista – tra madre e figlio. Una relazione opprimente che può permettersi di sciogliersi in un pianto liberatorio nel momento dell’incontro con un altro dolore, infinito e inconsolabile, quello della famiglia della vittima, pur restando in un precario equilibrio tra menzogna e verità.

     

    Francesca Bani

    Read more »
  • ,

    le Palme del Festival di Cannes 2013

    Alla fine dei giochi – e delle Palme – il Festival di Cannes 2013 non è stato quello de La Grande Bellezza di Paolo Sorrentino, ma non si può certo negare né che siano arrivate soddisfazioni per i nostri colori, né che siano mancate le bellezze sullo schermo.
    Quelle muliebri e non solo, a partire proprio dalla Palma d’Oro tunisina di Abdellatif Kechiche che, dopo Venere nera e Cous Cous, ottiene un gran risultato con un film che sarebbe ingeneroso e limitato consigliare solo per la lunga ed esplicita scena d’amore tra le protagoniste Adèle Exarchopoulos e Léa Seydoux.
    Per il resto i film che ci erano piaciuti di più erano stati Nebraska di Alexander Payne, Inside Llewyn Davis dei fratelli Coen, Le Passé di Asghar Farhadi e un po’ tutti quelli che sono stati premiati dalla Giuria di Steven Spielberg e che trovate citati nel Palmares completo qui sotto…

    PALMA D’ORO
    LA VIE D’ADÈLE – CHAPITRE 1 & 2 (Blue Is The Warmest Colour) di Abdellatif KECHICHE
    con Adèle EXARCHOPOULOS & Léa SEYDOUX

    GRAND PRIX
    INSIDE LLEWYN DAVIS di Ethan e Joel COEN

    PRIX DU JURY
    SOSHITE CHICHI NI NARU (Like Father, Like Son) di KORE-EDA Hirokazu

    MIGLIOR REGIA
    Amat ESCALANTE per HELI

    MIGLIOR SCENEGGIATURA
    JIA Zhangke pour TIAN ZHU DING (A Touch Of Sin)

    MIGLIOR ATTRICE
    Bérénice BEJO in LE PASSÉ (The Past) di Asghar FARHADI

    MIGLIOR ATTORE
    Bruce DERN in NEBRASKA di Alexander PAYNE

    PALMA D’ORO per i CORTOMETRAGGI
    SAFE di MOON Byoung-gon

    MENTION SPECIALE
    EX-AEQUO: HVALFJORDUR (Whale Valley / Le Fjord des Baleines) di Gudmundur Arnar GUDMUNDSSON e 37°4 S di Adriano VALERIO

    UN CERTAIN REGARD

    PRIX UN CERTAIN REGARD
    L’IMAGE MANQUANTE (The Missing Picture) di Rithy PANH

    JURY PRIZE
    OMAR di Hany ABU-ASSAD

    MIGLIOR REGIA
    Alain GUIRAUDIE per L’INCONNU DU LAC

    PRIX UN CERTAIN TALENT a
    L’insieme degli attori del film LA JAULA DE ORO di Diego QUEMADA-DIEZ

    PRIX DE L’AVENIR
    FRUITVALE STATION di Ryan COOGLER

    CAMÉRA D’OR
    ILO ILO di Anthony CHEN présenté (Quinzaine des Réalisateurs)

    CINÉFONDATION

    PREMIER PRIX
    NEEDLE di Anahita GHAZVINIZADEH

    SEMAINE DE LA CRITIQUE

    GRAND PRIX NESPRESSO e PRIX REVELATION FRANCE 4
    SALVO di Fabio GRASSADONIA e Antonio PIAZZA

    GIURIA ECUMENICA

    MIGLIOR FILM
    LE PASSÉ (The Past) di Asghar FARHADI

    MENZIONE SPECIALE
    EX-AEQUO: MIELE di Valeria GOLINO e SOSHITE CHICHI NI NARU (Like Father, Like Son) di KORE-EDA Hirokazu

    Read more »
  • ,,

    Cannes 66: Inside Llewyn Davis, viaggio targato Coen

    Al Festival di Cannes 66, con Inside Llewyn Davis, i fratelli Coen ci riportano indietro con un viaggio d’autore.

    Indietro nel tempo agli straordinari anni ’60 (più precisamente il 1961) nello scenario newyorchese del Greenwich Village di New York, il Gaslight Cafè, meta e partenza per artisti e musicisti, dove sono passati nomi come Allen Ginsberg, Bob Dylan e Dave Van Ronk, cantautore e amico intimo del Menestrello di Duluth, scomparso 11 anni fa, qui fonte di attrazione e ispirazione per Ethan e Joel Coen nel loro ultimo e straordinario lavoro, Inside Llewyn Davis.
    La storia è quella di un cantautore folk, Llewyn Davis appunto (interpretato da Oscar Isaac), con alle spalle un disco omonimo pubblicato insieme ad un amico, che d’un tratto si ritrova senza soldi, costretto a passare da un posto all’altro, ospitare da amici e conoscenti, in bilico nel cercare di risalire la strada perduta come artista nel mondo discografico, ma provando a ritrovare un proprio equilibrio.
    Un percorso, che lo vede tra diverse disavventure, che lo portano ad incontrare i personaggi più strani, da Bud Grossman (F.Murray Abraham), guru dell’industria musicale a Chicago, con cui cerca (e ottiene) un audizione, a Roland Turner (John Goodman) arrogante suonatore di jazz, appesantito e in stampelle, portato a spasso dal suo giovane valet (Garrett Hedlund), fino alla coppia Jean (Carey Mulligan), sorella di Llewyn, e Jim (Justin Timberlake).
    Punto di riferimento la sua musica, una chitarra come compagna dalla quale non separarsi.
    On the road che racconta un’epoca, ma dalla quale si avverte un intimo respiro che lentamente si trasforma in qualcosa di più universale. I Coen orchestrano qualcosa di magico e anche se si avvertono rimani al cinema più riconoscibile, da Fratello dove sei a A serious Man, fino Barton Fink, ognuno di noi trova la sua chiave i lettura. Ricerca di stile? No, semmai una confessione appassionata per poter di nuovo far brillare la propria memoria.
    Cosa dire poi di Isaac, talento inespresso e relegato in W.E. di Madonna e Drive di Refn, qui protagonista assoluto nel ruolo della vita. Bravissimo, perfetto, commovente, ironico.
    Pellicola per riscoprire atmosfere perdute.

    Andrea Giordano

    Read more »
  • ,,,

    Valeria Golino, debutto d’autore con Miele

    “Per me è una nuova giovinezza”… Intimista, mai gridato, profondo. Debutto migliore di Miele per Valeria Golino non poteva esserci. Un film coraggioso, che narra di (dolce) morte guardando però alla vita. Il suo talento come interprete lo si è apprezzato in ogni sfumatura. Se ne sono accorti (a dir il vero troppo poco) anche all’estero. L’essere riuscita  ad essere anche regista di un’opera matura, impreziosita da un valore aggiunto come Jasmine Trinca, è forse una sfida con la quale maggiormente voleva confrontarsi.

    Che lavoro c’è stato con Jasmine?
    Sono stata talmente in osmosi con Jasmine che molte volte non mi sono accorta che è una donna di 30 anni, una madre, e non una delle mie cose.
    Alcune volte giustamente si è ribellata a certe mie “zampate”, o quando l’ha riprendevo, ma al di là degli scherzi mi ha regalato come attrice qualcosa di davvero intenso.
    Mi ha dato molto fastidio (ride, ndr) vederla quanto era stata brava e bella nel film di Giorgio Diritti
    (“Un giorno devi andare”, ndr), che era uscito prima di questo.  Qui volevo però che fosse androgina, invisibile, non volevo descriverla troppo, se non nella sua sottrazione.

    Primo lungometraggio e subito a Cannes nelle vesti di autrice. Che sensazione provi?
    Quando ho cominciato a fare l’attrice ho ricevuto diversi riconoscimenti, la Coppa Volpi a Venezia, poi sono andata al Festival di Cannes, insomma l’inizio è sempre così, parto col botto e c’è sempre indulgenza e benevolenza nei miei confronti. Per me è una nuova giovinezza. Spero che in futuro possa avere lo stesso riscontro, ma per il momento posso solo essere orgogliosa di come è stato  accolto questo progetto, che peraltro è stato davvero fatto con pochi soldi.

    Che tipo di ricerca hai fatto?
    Mauro Covavich, scrittore del libro “A nome tuo”, dal quale ci siamo ispirati, ha fatto gran parte del lavoro. Tante cose non le dico nel film, anche se a me sembravano interessanti, ma poi ho pensato che avrebbero appesantito il racconto. Noi abbiamo usato molto di quanto lui ha scritto in sceneggiatura, ma io ho visto anche dei documentari, non solo di donne, ma anche di cliniche in Svizzera o in Colorado di persone che avevano accettato di farsi filmare in quella loro avventura. Jasmine ne ha visti un paio, ma non era contenta e quindi dopo un po’ ho smesso di mostrarle questi materiali. Sono molto disturbanti da tutti i punti di vista, a partire dai tuoi stessi sentimenti perché non sai che tipo di reazione potrebbero innescare. Non sai se emozionarti, irritarti. Li ho guardati il meno possibile, ma alcuni mi sono davvero serviti per dire delle cose.

    La pellicola fornisce molti punti di vista. Il tuo?
    Sono io stessa spettatrice di quanto accade, i miei pregiudizi cambiano, poi diventano opinioni, mutano a seconda della storia personale di chi incontriamo o vediamo.
    Credo sia importante che ognuno possa decidere per la propria vita per come finirla.
    Penso profondamente e questo genera dubbi, riflessioni. Non voglio imporre la mia verità. Non c’è giusto o sbagliato.
    Come nella letteratura ci sono tanti punti di vista e a me piace che ci siano tanti elementi.
    Miele non nasce per essere un film sociologico, bensì libero da qualsiasi tipo di costruzioni, e questa è la molla che mi ha permesso di muovermi in maniera indipendente, anche attraverso delle licenze poetiche.

    Andrea Giordano

    Read more »
  • ,,

    Miele: Live and Let Die

    Miele non è certo il primo film a parlare di certi temi, ma certo quello di Valeria Golino è un esordio che si fa notare e che va ad aggiungersi al novero dei film sulla ‘dolce morte’ da non scartare per  qualità o qualunquismo…
    3stelleemezzo

    E’ sempre un merito, per un film, soprattutto se incentrato su un tema controverso, l’essere capace di raggiungere più persone e offrire loro spunti non ideologici di riflessione. Ancora di più se il film è di un regista esordiente.
    Certo, in questo caso, considerare Valeria Golino un’esordiente dopo 30 anni di carriera come attrice, ma l’insidia di realizzare un racconto retorico, banale e buonista, come anche crudo oltre il necessario o artatamente toccante era forte, a prescindere dall’esperienza raccolta. E invece, si riesce a parlare di assistenza al suicidio (più che dolce morte, o ‘semplicemente’ Eutanasia) con una misura che nasce dall’empatia.
    Qualche leggerezza, o qualche scelta potrà essere non condivisibile, ma si conceda licenza all’artista e alla sua sensibilità, anche in considerazione del grande impegno che traspare dalle scene, forti di uno studio delle location e una selezione musicale quasi maniacali, da vera esordiente.
    Un gran lavoro, evidente anche nella selezione e rilettura fatta a partire dal libro originario – A nome tuo (Einaudi) – reso diverso dalla sua derivazione, in punti e maniere anche sostanziali. A partire dalle caratterizzazioni dei due personaggi principali, ben sostenuti dalle interpretazioni di Jasmine Trinca e Carlo Cecchi, qui strumenti di vita e non di morte, in cerca di speranza e non manifesti di disperazione.
    Una positività di fondo che potrà trovare chi, come la regista, in partenza, si avvicinerà al tema senza pregiudizi o dettami (spesso solo formalmente) etici, e senza cercare una provocazione che non c’è, abbracciando invece la possibilità di cui è permeato.

    Read more »
Back to Top