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Emanuel Caserio: Dalle occasioni mancate a Il paradiso delle signore 3

Fino a qualche anno fa si divideva tra il lavoro di cameriere e i provini di attore; nel 2016 il Premio Kineo a Venezia lo consacrava come giovane rivelazione dopo il fortunato e scanzonato ruolo del toy boy di Sabrina Ferilli in Forever Young. Poi il film tv su Nino Manfredi, In arte Nino, al fianco di Elio Germano e una breve battuta d’arresto, “ma devi metterlo in conto, è il lavoro dell’attore”, mi dice quando lo raggiungo al telefono subito dopo una giornata di riprese sul set che segna il suo ritorno. Emanuel Caserio, classe 1990, è oggi uno dei protagonisti de Il paradiso delle signore 3, la serie da oggi in onda tutti i giorni su Raiuno. La fiction di casa Rai in versione daily è il suo riscatto, l’occasione per rimettersi in gioco, e per cui ha dovuto studiare il dialetto siciliano: “Non mi piace scimmiottare gli accenti, perciò sto studiando il siciliano dalla mattina alla sera. Gireremo fino a marzo del prossimo anno, è stancante ma sta andando molto bene”.
Appassionato e sognatore, al cinema ci è arrivato dopo aver studiato al Centro Sperimentale, per anni ha fatto su e giù tra Latina (dove è nato) e la capitale, perchè “non potevo permettermi di trasferirmi a Roma”. Ma è iniziato tutto per caso, a dodici anni dopo aver visto lo spettacolo di un’amica: il pubblico che applaudiva e l’inchino dell’attore sul pacoscenico gli fecero venire i brividi. Da allora Emanuel non si è più fermato, oggi sogna di poter fare un film con Xavier Dolan, anche se non lo ha mai incontrato: “La sera del suo incontro con il pubblico al festival di Roma, servivo carbonare al ristorante”.

Chi sei ne Il paradiso delle signore?
Interpreto Salvatore Amato, un ragazzo che dalla Sicilia si trasferirà a Milano insieme al fratello, dove inizieranno a lavorare il primo come cameriere, il secondo come operaio in un cantiere. In seguito li raggiungerà il resto della famiglia, composta da mamma e sorella. Salvatore è un donnaiolo, ama le donne, ci prova con tutte ed ha un savoir fair incentrato sulla simpatia e la bontà; ma è estremamente buono, cercherà sempre di aiutare gli altri, sia in famiglia, che fuori.

Cosa hai in comune con Salvatore?
Anche io ho avuto il mio periodo donnaiolo, forse è un tratto che accomuna soprattutto noi ragazzi meridionali, sfacciati corteggiatori sempre con la battuta pronta e tanta ironia. Ad esempio c’è una scena molto buffa in cui Salvatore inventa una poesia per far colpo su una ragazza; è molto sincero, simpatico e alla mano, si fa voler bene da tutti. Inoltre, come lui ho un’indole buona e vengo da una famiglia molto umile, mamma casalinga e papà carrozziere.

Nel 2016 ricevi il premio Kineo Giovani Rivelazioni. Da allora cosa è cambiato?
Vincere quel premio non mi ha cambiato la vita,  mi sono diplomato al Centro Sperimentale ma l’italia non è un paese meritocratico. All’epoca ero reduce dal successo di Forever Young con Sabrina Ferilli, poi ci fu il film su Nino Manfredi con Elio Germano, in seguito ci sono stati molti provini, anche se mi sarei aspettato di farne di più.
Il paradiso delle signore è l’occasione giusta arrivata al momento giusto, uno dei più delicati della mia vita, sia io che la mia famiglia ne avevamo bisogno. Ha ridato benzina a quello scooter che stava un po’ rallentando, ma ho imparato che questa è la vita dell’attore, un periodo lavori e altri no.

Il no che ti ha fatto più male?
Avevo fatto un provino con Sergio Castellitto per Fortunata, ero arrrivato alle battute finali insieme ad altri quattro ragazzi, ma alla fine fu preso Alessandro Borghi; quando ho scoperto di non avercela fatta ci sono rimasto abbastanza male. Mi è capitato diverse volte, anche con Muccino ad esempio, di arrivare a incontrare il regista e di sentirmi quasi a un passo dalla parte, e poi invece niente. Ci sono stati momenti in cui ho pensato di dover cambiare tutto, di aver sbagliato mestiere, o che la mia faccia non andasse bene; poi però capisci che tutto dipende da un insieme di fattori e allora cresci, inizi ad accettare anche i no, come nella vita che sa riservarti delle belle sorprese ma anche delle batoste. I no ti fanno crescere, dovremmo anzi ringraziarli perchè sanno renderci forti quando arrivano le cose belle.

In Forever Young conquistavi Sabrina Ferilli. Come ci si sente a essere il toy boy di un’attrice come lei?
Fortunato! È una grandissima professionista e una donna meravigliosa, ero pazzo di lei sin da quando sfilò in bikini per la vittoria dello scudetto della Roma, all’epoca ero poco più che un bambino imbambolato davanti alla tv e quando mi sono ritrovato a doverla baciare sul set mi sono sentito un miracolato. Con lei è nata un’amicizia sincera, continuiamo a sentirci, la aggiorno sui miei progetti, mi ha sempre dato molti consigli, anche per Il paradiso delle signore; l’ultima volta che ci siamo sentiti è stata per ringraziarla di alcune dritte che mi aveva dato, mi ha risposto immediatamente ed era feliccissima per me. È una di quelle persona che non vorrei mai allontanare dalla mia vita.

Il consiglio più prezioso che ti ha dato?
Quello di circondarmi sempre di persone migliori di me. C’è una frase a cui tengo molto; quando ha saputo che ero stato preso ne Il paradiso delle signore mi ha detto: “Sii propositivo e accogliente con tutti, e tifa sempre per chi è migliore”. Messaggi così sinceri sono davvero rari in questo ambiente.

Cosa hai potuto rubare dai maestri e dai colleghi incontrati in questi anni?
Ogni set è diverso. Ad esempio Sabrina Ferilli spesso mi suggeriva come relazionarmi con la telacamera o che cosa guardare. Vengo dal Centro Sperimentale, ma una cosa è la scuola e un’altra la pratica. Elio Germano, invece mi invitò a passare da casa sua per prendere un libro che aveva trovato e che avrebbe potuto aiutarmi con il mio personaggio. Mi sorprese la premura con cui lo fece, non è scontato, è raro trovare dei professionisti che si preoccupano non solo del proprio ruolo, ma anche di quello degli altri. Credo sia uno dei pochi grandi attori che abbiamo, fa la differenza.

Prima però eri stato sul set de I ponti di Sarajevo che andò a Cannes. Cosa senti più nelle tue corde? La commedia o il dramma?
Anche grazie al ruolo di Salvatore, sto scoprendo che il drammatico mi riesce molto bene, non ho difficoltà a piangere, mi piace andare a fondo, ma la commedia all’italiana mi appartiene molto ed è quello che vorrei fare di più.

Come e quando nasce l’amore per questo mestiere?
Nasce per caso, quando andai a vedere una mia amica che interpretava Giulietta in uno spettacolo amatoriale a Latina. Mentre la applaudivo iniziai a provare dei brividi, a emozionarmi: era una sensazione strana per un ragazzo di appena dodici anni che all’epoca correva dietro a un pallone. Mi aveva colpito il calore del pubblico davanti all’inchino dell’attore, era uno scambio talmente sincero, di amore, di energie, di passione. In quel momento capii che mi sarebbe piaciuto stare lì sopra, e cominiciai a frequentare lo stesso corso della mia amica. Poi finito il liceo artistico mi sono catapultato al Centro Sperimentale, ma venendo da una famiglia umile una volta uscito da lì ho fatto di tutto: cameriere, barman, il ragazzo Speedy pizza, guadagnavo 12 euro a sera e le difficoltà sono state tantissime, fino a non molto tempo fa. Spesso tendiamo a raccontare solo i lustrini e le cose belle di questo lavoro, ma penso che sia importante far capire come ci sei arrivato. Ci sono le volte in cui ti dici: “Non ce la faccio, mollo tutto, non sono ‘figlio di’ “, poi ti rendi conto che se costruisci bene, qualcosa arriverà anche per te, ci arriverai dopo, ci metterai più tempo degli altri, farai la strada più lunga, ma arriverai.

Hai studiato al Centro sperimentale: quanto conta lo studio nella vita di un attore?
Il Centro Sperimentale mi ha fatto conoscere i primi casting director, i primi addetti ai lavori, sono nate delle amicizie, per me rimane la scuola dei sogni: non potevo permettermi di stare a Roma, perchè non lavoravo, ma pur di frequentarla facevo il pendolare da Latina, mi svegliavo alle cinque e mezza, andavo in stazione a prendere il treno per Roma e rientravo alle otto e mezza di sera. L’ho fatto per tre anni, ma ero disposto a tutto.

Come percepisci il tuo ambiente?
Ho l’impressione che in questi ultimi anni ci siano persone con meno paura e molta più voglia di creare, e se hai talento oggi puoi emergere sfruttando una marea di canali alternativi a quelli tradizionali. Quello che mi spaventa di più però, è se tutti smettessimo di creare, è arrendersi per paura di non farcela. Se hai qualcosa da dire fallo, provaci, anche se è un ambiente molto competitivo.

Mai vittima di scorrettezze?
Respiro spesso molta falsità, è difficile dire sempre la tua senza finire fuori da un sistema, che può essere anche un microgruppo di persone che lavorano a casa: basta dire una parola di troppo e sei fuori. Io preferisco sempre esser fatto fuori dal gruppo, e forse per questo non ho sempre lavorato. Preferivo fare il cameriere piuttosto che non poter dire la mia.

Che rapporto hai con il tappeto rosso?
Sono estremamente timido; appena faccio qualcosa in pubblico, dai photocall alle conferenze stampa, ai red carpet, le guance e le orecchie mi diventano rosse, sembro Haidi. Mi imbarazza da morire, perchè in quel momento devo mettere in esposizione il vero me stesso, invece mi riesce facile diventare qualcun’altro e distogliere così l’attenzione da Emanuel. Vivere tutti i giorni con se stessi è pesante, mentre i personaggi che interpreto mi permettono di mandarmi a quel paese, di nascondermi.

I tuoi miti?
Ho pochi miti e non sono attori. Mio padre è un mito, come mia madre e il mio agente che ha creduto in me nei momenti più difficili, quando non lavoravo, il telefono non squillava e nessuno mi chiamava. Non ha mai smesso di credere in me, è stato il mio primo fan, mi ha sempre fatto pensare che qualcosa potesse succedere, passava le notti a mandare mail, era convinto che ce la potessi fare. È il mio secondo padre.

Il ruolo per cui saresti disposto a tutto?
Se sapessi di un film con la regia di Xavier Dolan e Meryl Streep come attrice protagonista, farei di tutto per avere una parte.

Se la tua vita fosse un film quale sarebbe?
I Goonies. Mi piacciono questi bambini pieni di passione che non hanno paura di niente e vanno avanti. Sono nato sotto il segno dei pesci e sono un avventuriero, un sognatore e un eterno bambino.

About the author
Elisabetta Bartucca

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