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    Figlia mia: la fragilità appartiene agli adulti

    Dopo Vergine Giurata, Laura Bispuri torna al cinema con Figlia mia, in competizione alla sessantottesima edizione del Festival di Berlino. Un dramma sulla maternità, dove la fragilità non è dei più piccoli, ma dei grandi.

    Come tra nni fa, Laura Bispuri è di nuovo l’unica regista italiana a rappresentare il nostro Paese al Festival di Berlino. Lo fa con Figlia mia, il suo secondo lungometraggio in sala dal 22 febbraio. Per questa nuova prova, la Bispuri non rinuncia a quel cinema di confine, che si muove tra il documentario, il neorealismo e la grande attenzione ai suoi personaggi. Ambientato nella Sardegna più aspra, dai colori caldi, quasi accecanti, dove il vento è forte e si può sentire, sulle brulle colline, il rumore del mare, Figlia mia è raccontato attraverso tre punti di vista: quello di Angelica (Alba Rohrwacher, già splendida protagonista di Vergine giurata), di Tina (Valeria Golino) e della piccola Vittoria (Sara Casu).

    Due madri e una figlia, tutte alla ricerca, come la Hana Doda del primo film, di una propria identità. Quella dei suoi 10 anni, sarà un’estate particolare per la piccola Vittoria: scoprirà, infatti, di avere due madri. Ma allora, chi è la bambina? A quale delle due donne appartiene veramente? Da qui parte una ricerca che a dieci anni potrebbe sembrare difficile da affrontare, soprattutto quando i modelli di riferimento sono così diversi tra loro. Angelica è la madre “sporca”, quella che beve troppo, che vive nel degrado, che non fa colazione e nella dispensa ha solo medicine solubili e fagioli in scatola; Tina è la madre “pulita”, che lavora, fa la spesa, organizza feste di compleanno e fa torte a forma di cuore, quella che “lavati i piedi anche in mezzo alle dita, perché è lì che si accumula lo sporco“. Un patto lega le due donne: un cordone ombelicale che oltre a inglobare madre biologica (Angelica) e figlia (Vittoria) cattura anche la madre adottiva (Tina). A Vittoria spetta rompere questo cordone e in suo aiuto arriva la madre per eccellenza: la terra. In questa storia dalle tinte di dramma classico (con tanto di soap opera che unisce Vittoria a Tina), solo una discesa nel mondo dei morti può permettere alla piccola di capire chi è veramente: calarsi nel buco della necropoli e riuscirne è quella metafora di rinascita che alla bambina serviva tanto.

    E così, quello che doveva essere il personaggio più fragile di tutti, ne esce fuori a testa alta: la fragilità non le appartiene, cosa che non si può dire, invece, delle due donne. Tina e Angelica sono due facce di un “amore che non si tocca” (come canta Gianni Bella), due facce contrapposte, tanto distanti tra loro quanto pronte ad incontrarsi. E qui sta la bellezza di questa storia: come due mondi lontani, possano, in qualche modo, avvicinarsi, toccarsi, sorreggersi a vicenda (vedi scena nell’allevamento di pesci e quella finale), sullo sfondo di un territorio arido, a prima vista malevolo, ma trasudante amore (immortalato perfettamente, ancora una volta, dalla fotografia di Vladan Radovic).

    Ma qualcosa delude in questo secondo film della regista romana: l’eccessiva costruzione, l’inadeguatezza delle sue interpreti principali, il simbolismo “già visto”. Figlia mia soffre della classica “ansia da opera seconda”, quella che porta il regista ad essere particolarmente – forse troppo – attento a ciò che vuole raccontare e a come vuole raccontarlo. Questo ricade notevolmente sulle interpretazioni, soprattutto quella della Rohrwacher, molto macchietta e poco reale, a fronte di una Golino troppo “Mamma Roma”. Facile il simbolismo che la Bispuri mette in scena: dalla polvere che si alza da terra, dalla paura del vuoto della piccola Vittoria, dalle grotte preistoriche e dalle necropoli fino alla scena finale dove la bambina diventa “madre” (“Andiamo!”, così incita le due donne), tutto ha un sapore di vecchio cinema autoriale, chiuso in se stesso ed eccessivamente conforme ad un canone estetico superabile.

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    Valeria Golino, debutto d’autore con Miele

    “Per me è una nuova giovinezza”… Intimista, mai gridato, profondo. Debutto migliore di Miele per Valeria Golino non poteva esserci. Un film coraggioso, che narra di (dolce) morte guardando però alla vita. Il suo talento come interprete lo si è apprezzato in ogni sfumatura. Se ne sono accorti (a dir il vero troppo poco) anche all’estero. L’essere riuscita  ad essere anche regista di un’opera matura, impreziosita da un valore aggiunto come Jasmine Trinca, è forse una sfida con la quale maggiormente voleva confrontarsi.

    Che lavoro c’è stato con Jasmine?
    Sono stata talmente in osmosi con Jasmine che molte volte non mi sono accorta che è una donna di 30 anni, una madre, e non una delle mie cose.
    Alcune volte giustamente si è ribellata a certe mie “zampate”, o quando l’ha riprendevo, ma al di là degli scherzi mi ha regalato come attrice qualcosa di davvero intenso.
    Mi ha dato molto fastidio (ride, ndr) vederla quanto era stata brava e bella nel film di Giorgio Diritti
    (“Un giorno devi andare”, ndr), che era uscito prima di questo.  Qui volevo però che fosse androgina, invisibile, non volevo descriverla troppo, se non nella sua sottrazione.

    Primo lungometraggio e subito a Cannes nelle vesti di autrice. Che sensazione provi?
    Quando ho cominciato a fare l’attrice ho ricevuto diversi riconoscimenti, la Coppa Volpi a Venezia, poi sono andata al Festival di Cannes, insomma l’inizio è sempre così, parto col botto e c’è sempre indulgenza e benevolenza nei miei confronti. Per me è una nuova giovinezza. Spero che in futuro possa avere lo stesso riscontro, ma per il momento posso solo essere orgogliosa di come è stato  accolto questo progetto, che peraltro è stato davvero fatto con pochi soldi.

    Che tipo di ricerca hai fatto?
    Mauro Covavich, scrittore del libro “A nome tuo”, dal quale ci siamo ispirati, ha fatto gran parte del lavoro. Tante cose non le dico nel film, anche se a me sembravano interessanti, ma poi ho pensato che avrebbero appesantito il racconto. Noi abbiamo usato molto di quanto lui ha scritto in sceneggiatura, ma io ho visto anche dei documentari, non solo di donne, ma anche di cliniche in Svizzera o in Colorado di persone che avevano accettato di farsi filmare in quella loro avventura. Jasmine ne ha visti un paio, ma non era contenta e quindi dopo un po’ ho smesso di mostrarle questi materiali. Sono molto disturbanti da tutti i punti di vista, a partire dai tuoi stessi sentimenti perché non sai che tipo di reazione potrebbero innescare. Non sai se emozionarti, irritarti. Li ho guardati il meno possibile, ma alcuni mi sono davvero serviti per dire delle cose.

    La pellicola fornisce molti punti di vista. Il tuo?
    Sono io stessa spettatrice di quanto accade, i miei pregiudizi cambiano, poi diventano opinioni, mutano a seconda della storia personale di chi incontriamo o vediamo.
    Credo sia importante che ognuno possa decidere per la propria vita per come finirla.
    Penso profondamente e questo genera dubbi, riflessioni. Non voglio imporre la mia verità. Non c’è giusto o sbagliato.
    Come nella letteratura ci sono tanti punti di vista e a me piace che ci siano tanti elementi.
    Miele non nasce per essere un film sociologico, bensì libero da qualsiasi tipo di costruzioni, e questa è la molla che mi ha permesso di muovermi in maniera indipendente, anche attraverso delle licenze poetiche.

    Andrea Giordano

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    Miele: Live and Let Die

    Miele non è certo il primo film a parlare di certi temi, ma certo quello di Valeria Golino è un esordio che si fa notare e che va ad aggiungersi al novero dei film sulla ‘dolce morte’ da non scartare per  qualità o qualunquismo…
    3stelleemezzo

    E’ sempre un merito, per un film, soprattutto se incentrato su un tema controverso, l’essere capace di raggiungere più persone e offrire loro spunti non ideologici di riflessione. Ancora di più se il film è di un regista esordiente.
    Certo, in questo caso, considerare Valeria Golino un’esordiente dopo 30 anni di carriera come attrice, ma l’insidia di realizzare un racconto retorico, banale e buonista, come anche crudo oltre il necessario o artatamente toccante era forte, a prescindere dall’esperienza raccolta. E invece, si riesce a parlare di assistenza al suicidio (più che dolce morte, o ‘semplicemente’ Eutanasia) con una misura che nasce dall’empatia.
    Qualche leggerezza, o qualche scelta potrà essere non condivisibile, ma si conceda licenza all’artista e alla sua sensibilità, anche in considerazione del grande impegno che traspare dalle scene, forti di uno studio delle location e una selezione musicale quasi maniacali, da vera esordiente.
    Un gran lavoro, evidente anche nella selezione e rilettura fatta a partire dal libro originario – A nome tuo (Einaudi) – reso diverso dalla sua derivazione, in punti e maniere anche sostanziali. A partire dalle caratterizzazioni dei due personaggi principali, ben sostenuti dalle interpretazioni di Jasmine Trinca e Carlo Cecchi, qui strumenti di vita e non di morte, in cerca di speranza e non manifesti di disperazione.
    Una positività di fondo che potrà trovare chi, come la regista, in partenza, si avvicinerà al tema senza pregiudizi o dettami (spesso solo formalmente) etici, e senza cercare una provocazione che non c’è, abbracciando invece la possibilità di cui è permeato.

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    Miele

    miele 1 maggio

    MIELE
    GENERE: Drammatico
    ANNO: 2013
    USCITA: 01/05/2013
    DURATA: 110′
    NAZIONALITA‘: Italia
    REGIA: Valeria Golino
    CAST: Jasmine Trinca, Carlo Cecchi, Libero De Rienzo, Iaia Forte, Vinicio Marchioni, Roberto De Francesco
    DISTRIBUZIONE: Bim
    TRAMA: Miele narra la storia di Irene, una ragazza di trent’anni che ha deciso di aiutare le persone che soffrono: malati terminali che vogliono abbreviare l’agonia, persone le cui sofferenze intaccano la dignità di essere umano. Un giorno a richiedere il suo servizio è un settantenne in buona salute, che ritiene semplicemente di aver vissuto abbastanza. L’incontro metterà in discussione le convinzioni di Irene e la coinvolgerà in un dialogo serrato lungo il quale la relazione tra i due sembrerà infittirsi di sottintesi e ambiguità affettive.

    RECENSIONE: Live and Let Die
    VOTO: 3,5

    TRAILER

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    Festival di Cannes 66: Sorrentino e gli altri

    La Grande Bellezza in concorso se la vedrà con Polanski, Coen, Refn, Soderbergh e James Grey, ma la selezione promette grandi sorprese – come sempre – a partire dai Fuori Concorso e dall’Un Certain Regard, dove spicca il Miele della nostra Valeria Golino

    Erano circolati i nomi di Terrence Malick (Knight of Cups), Stephen Frears (Philomena) e Steve McQueen (Twelve Years a Slave), oltre a Jim Jarmusch (Only Lovers Left Alive), Tsai Ming-liang (Diary of a Young Boy) e altri, ma l’annuncio ufficiale della Selezione del Festival di Cannes 2013 di certo non è di quelle che può deludere.

    Dal 15 al 26 di maggio, al Palazzo del Cinema della Croisette si alterneranno la Venere di Roman Polanski e il duo Refn-Gosling che con Only God Forgives cercherà di bissare il successo di Drive, ma anche il nuovo film di Ethan e Joel Coen e di Alexander Payne, il controverso biopic di Soderbergh, Valeria Bruni Tedeschi, il ritorno della Bejo di The Artist nel nuovo film di Farhadi (regista della sorprendente Una separazione) e James Gray… Tutti avversari – insieme al trio francese, capitanato da Francois Ozon, fino alla vigilia scaramanticamente poco fiducioso sulla sua presenta – del nostro Paolo Sorrentino e del suo La Grande Bellezza con Toni Servillo.

    Per la gioia di Steven Spielberg, Presidente di Giuria, questi saranno i principali contendenti alla 66esima Palma d’Oro in una manifestazione che si aprirà con l’atteso remake del ‘Grande Gatsby’ di Baz Luhrman e con Leonardo DiCaprio, per chiudersi con “Zulu” di Jérôme Salle.

    Johnnie To, Takashi Miike, Sofia Coppola, Valeria Golino (con Miele, una produzione Buena Onda con Rai Cinema, in uscita il 1° maggio in Italia distribuita da Bim), Claire Denis e James Franco sono alcuni dei nomi che si trovano spigolando nel programma, e che vanno ad aggiungersi a quelli di molte star chiamate a giudicare i propri colleghi, Thomas Vinterberg – Presidente del Un Certain Regard e regista di “The Hunt”, tra i più discussi della scorsa edizione – e Jane Campion (Presidente della Cinefondation) su tutti.

    A loro si aggiunge la madrina Audrey Tautou, che ritroveremo nelle cerimonie di apertura e chiusura, di una edizione che già si distingue per uno dei poster più belli di sempre (una foto di Joanne Woodward e  Paul Newman durante le riprese di “Il mio amore per Samantha” del 1963 rielaborata in maniera splendida) e che propone un omaggio a Jerry Lewis e all’India, in occasione del centenario del suo cinema.

    Ecco la lista completa dei film della Selezione Ufficiale:

     

    Concorso

    The Great Gatsby di Baz Luhrman (film di apertura)

     

    Behind The Candelabra di Steven Soderbergh

    Borgman di Alex Van Warmerdam

    Un Chateau en Italie di Valeria Bruni-Tedeschi

    La Grande Bellezza di Paolo Sorrentino

    Grisgris di Mahamat-Saleh Haroun

    Heli di Amat Escalante

    The Immigrant di James Gray

    Inside Llewyn Davis di Ethan e Joel Coen

    Jeune et Jolie di François Ozon

    Jimmy P. di Arnaud Desplechin

    Michael Kohlhaas di Arnaud Despallieres

    Nebraska di Alexander Payne

    Only God Forgives di Nicolas Winding Refn

    Le Passe di Asghar Farhadi

    Soshite Chichi Ni Naru di Kore-Eda Hirokazu

    Tian Zhu Ding di Jia Zhangke

    La Venus a la Fourrure di Roman Polanski

    La Vie d’Adele di Abdellatif Kechiche

    Wara No Tate di Takashi Miike

     

    Zulu di Jérôme Salle (film di chiusura)

     

    Fuori Concorso

    All Is Lost di J.C Chandor

    Blood Ties di Guillaume Canet

     

    Midnight Screening

    Blind Detective di Johnnie To

    Monsoon Shootout di Amit Kumar

     

    Un Certain Regard

    The Bling Ring, di Sofia Coppola (film di apertura)

    Anonymous di Mohammad Rasoulof

    As I Lay Dying di James Franco

    Bends di Flora Lau

    Death March di Adolfo Alix Jr.

    Fruitvale Station di Ryan Coogler

    Grand Central di Rebecca Zlotowski

    L’image Manquante di Rithy Panh

    L’inconnu du Lac di Alain Guiraudie

    La Jaula de Oro di Diego Quemada-Diez

    Miele di Valeria Golino

    Norte, Hangganan Ng Kasaysayan di Lav Diaz

    Omar di Hany Abu-Assad

    Les Salauds di Claire Denis

    Sarah Préfère la Course di Chloé Robichaud

     

    Proiezioni Speciali:

    Muhammad Ali’s Greatest Fight di Stephen Frears
    Otdat Konci di Taisia Igumentseva
    Seduced and Abondoned di James Toback
    Stop the Pounding Heart di Roberto Minervini
    Weekend of a Champion di Roman Polanski

     

    Omaggio a Jerry Lewis

    Max Rose di Daniel Noah

     

    Proiezione di Gala In Onore Dell’india

    Bombay Talkies di Anurag Kashyap, Dibakar Banerjee, Zoya Akhtar, Karan Johar

     

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    NICE: L’Italia in Russia con Valeria Golino

    Fino al 18 aprile, a Mosca e San Pietroburgo si parlerà italiano, grazie alla sedicesima edizione del N.I.C.E. RUSSIA 2013. 3 sale, 7 film in concorso, 3 eventi speciali e 5 premi per presentare il cinema italiano emergente scelto da New Italian Cinema Events in una manifestazione diretta da Viviana del Bianco e Grazia Santini.

    Una figura di spicco a far da madrina, quella di Valeria Golino, assediata dai fotografi nella sua prima apparizione moscovita, che è presente anche in qualità di regista, e alla quale N.I.C.E. dedica un tributo con la proiezione del suo cortometraggio ‘Armandino e il Madre’ (2010), seguito dal trailer del suo primo lungometraggio Miele (2012), alla presenza di Jasmine Trinca, protagonista della pellicola.

    Oltre a loro è prevista la presenza dei registi Ruggero Dipaola, Toni D’Angelo, Marco Bonfanti, Andrea Segre, Saverio Di Biagio e Rocco Marra, fotografo di scena del film di Toni D’Angelo, Anna Godano, produttrice del film di Marco Bonfanti e  Viola Prestieri, produttrice di “Miele”.

    Ma non sono poche le importanti novità fra le anteprime selezionate per un pubblico russo in costante aumento e che potrà continuare a vedere i film N.I.C.E. durante tutto il 2013 in festival organizzati in varie città russe in collaborazione con gli Istituti Italiani di Cultura.

    A partire dall’istallazione fotografica di città d’arte toscane e proiettati trailer realizzati da Fondazione Sistema Toscana-Mediateca Regionale e da Toscana Promozione per la promozione del territorio, realizzata per la serata inaugurale a Mosca

    Per proseguire poi con l’omaggio a Marcello Mastroianni, con la proiezione del documentario “Ritratto di uno sconosciuto – Marcellus Dominicus Vincentius” (2006) di Roberto Meddi e Gioia Magrini: le due figlie del grande attore, la “francesina” – come il padre chiamava affettuosamente Chiara – e Barbara si ritrovano nella casa di Torre di Lucca e, sfogliando l’album di famiglia, ricordano il padre e tratti della sua personalità sconosciuta al pubblico.

    “Il comandante e la cicogna” (2012) di Silvio Soldini aprirà le serate inaugurali del festival con un ritratto scanzonato, sebbene non privo di accenti amari, dell’Italia contemporanea attraverso il dipanarsi delle vite dei protagonisti, bene interpretati dai beniamini del pubblico non solo italiano, Valerio Mastandrea, Claudia Gerini, Alba Rohrwacher, Luca Zingaretti, che danno vita ad un carosello di episodi divertenti e graffianti.

    Andrea Segre con “Io sono Li” (2011), vincitore di N.I.C.E. USA 2012, “I più grandi di tutti” (2012), di Carlo Virzì, “Appartamento ad Atene” (2011), opera prima di Ruggero Dipaola che indaga l’incarnazione del male e la relazione che intrattiene con l’uomo, la riuscita commedia di Saverio di Biagio,  “Qualche Nuvola” (2011), “Breve storia di lunghi tradimenti” (2012) di Davide Marengo, “L’innocenza di Clara” (2012) di  Toni D’Angelo e la docu-fiction di Marco Bonfanti, “L’ultimo Pastore” (2012), presentato con successo a gennaio anche al Sundance Film Festival sono i Magnifici 7 film selezionati e in programma.

    Tra loro ci saranno i prescelti per l’assegnazione dei seguenti premi:

    Premio del Pubblico al Miglior Film in concorso (tra il pubblico sarà estratto il vincitore di un omaggio offerto da Angela Caputi).

    Alexander Gimelfarb Award A Mosca, una giuria formata da critici cinematografici russi e Naum Kleiman, direttore del Museo Kino, sceglierà il vincitore del premio Alexander Gimelfarb Award, consistente in una borsa di studio del valore di 1.000,00 euro intitolata ad Alexander Gimelfarb, scienziato in biologia e genetica nato a San Pietroburgo e sostenitore del grande schermo, tra gli studenti del VGIK – Istituto Statale pan-russo di cinematografia (s.a. Gerasimov).

    Premio Bozzetto D’Oro Savio Firmino alla Migliore Scenografia e Arredo Cinematografico .

    Premio Alitalia tra gli spettatori che avranno dato prova di una frequente presenza alle proiezioni dei film della 16. edizione verranno estratti a sorte due biglietti con destinazione due città italiane.

    Premio  Thermae Abano Montegrotto, a due fortunati vincitori verrà offerto un soggiorno in una delle prestigiose strutture della celebre località termale.

    N.I.C.E. New Italian Cinema Events è uno degli eventi di primaria importanza nell’ambito del Ministero per i Beni e le Attività Culturali-Direzione Generale per il Cinema, Ministero Affari Esteri , Ambasciata di Mosca e (Consolati e Istituti Italiani di Cultura di Mosca e San Pietroburgo), Assessorato alla Cultura – Comune di Firenze, Regione Toscana, Fondazione Sistema Toscana-Mediateca Regionale, Museo del Cinema di Mosca e San Pietroburgo e, nella persona di Naum Kleiman, e AGIS Toscana.

    Valeria Golino a Mosca

    Valeria Golino a Mosca

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