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    La felicità è una strada a cui tornare: Gianni Amelio racconta La Tenerezza

    Il regista di Lamerica, Il ladro di bambini e Le chiavi di casa torna al cinema per raccontare una storia di sentimenti inquieti, popolata da personaggi che “non ce la fanno a crescere sui propri errori” in una Napoli che non è presenza statica, ma accompagna queste figure nel loro quotidiano. Gianni Amelio porta in sala La Tenerezza, che aprirà la prossima edizione del Festival di Bari e sarà al cinema dal prossimo 24 aprile. E oggi, insieme ai protagonisti (Renato Carpentieri, Elio Germano, Giovanna Mezzogiorno e Micaela Ramazzotti) ha presentato il film alla stampa.

    Amelio, qual è la sua definizione di tenerezza?
    Non saprei definirla perché ancora non so se è un sentimento o un gesto, non ci ho ancora riflettuto bene. Il titolo è venuto pensando al finale del film e alla testardaggine con cui il personaggio di Elena cerca di recuperare un gesto da suo padre. Cosa possiamo dire della tenerezza che non l’abbia già  detto il Papa? Francesco ha detto che la tenerezza ci dà  libertà  e forse è vero. È qualcosa di cui abbiamo bisogno per scacciare l’ansia, soprattutto oggi che siamo prigionieri di un mondo in cui non ti aspetti quello che potrebbe succedere tra un secondo. Un mondo fatto di trappole, sul quale agiscono delle forze che in qualche modo il film sfiora. In questo mondo abbiamo bisogno del coraggio di non essere timidi, da una parte, e vergognosi dall’altra, perché fare un gesto di tenerezza può contrastare con quella che è la nostra forza apparente: chi fa un gesto di tenerezza si considera un debole, e si tende a considerare la tenerezza come qualcosa da misurare, tanto che arriviamo a darla solo se autentica.

    Oltre alla tenerezza, nel film si avverte anche l’imbarazzo di Lorenzo, soprattutto nella scena del pranzo con Fabio e Michela.
    Quella scena è una sorta di giro di boa ed io non ho potuto controllarla, l’hanno creata loro, i miei attori. L’imbarazzo di Lorenzo, che io non ho suggerito a Renato, nasce davanti ad una scena di intimità tra due persone data dalla vicinanza dei due corpi e, soprattutto, da questo gesto tenerissimo di un marito che imbocca la moglie senza guardarla, come se Fabio conoscesse bene il volto della moglie. Tra Michela e Fabio si stabilisce un dialogo che va al di là  di quello che era scritto nel copione, e ho lasciato che i miei attori mi superassero plasmando questa scena.

    Questo è il suo primo film in cui il protagonista è un suo coetaneo. Quanto c’è di suo nel personaggio di Lorenzo?
    Chi ha letto il romanzo a cui ci siamo ispirati (La tentazione di essere felici, Lorenzo Marone, Longanesi, ndr) sa che il protagonista, che nel romanzo si chiama Cesare, è completamente diverso da quello del mio film. Gli ho cambiato anche il nome, omaggiando l’autore del romanzo, e gli ho messo dentro una certa inquietudine che io stesso sento, quella sorta di rifiuto che tutti abbiamo nei confronti dell’età che avanza. Una vera ingiustizia! Accade che l’idea di invecchiare ti dà una sorta di rifiuto della premura altrui, anche quando questa è giustificata perché arriva da una figlia. Penso che l’autobiografia stia nelle cose non dichiaratamente autobiografiche. È quella traslata, dove si mettono in scena delle cose che non sono personalissime, ma fanno parte dei nostri timori, della conoscenza che abbiamo della vita, delle fragilità  che abbiamo. Qui ci sono le mie paure e incertezze: c’è quello che io sento sia il sentimento di un settantenne nei confronti dei figli.

    Ad un certo punto Elena afferma che “la felicità è una strada a cui tornare“. Quanto corrisponde, questo, alla filosofia di Amelio?
    È tutta la mia filosofia! Non dobbiamo cercare la soluzione ai problemi chissà dove, ma dentro di noi. La felicità è ritornare sui propri passi quando si è persa la strada. Questo concetto non è disumano, ma ci appartiene nel profondo e che dovrebbe insegnarci qualcosa, come, ad esempio, ad essere un po’ più morbidi.

    Altra grande protagonista della pellicola è Napoli. Una città trattata con rispetto, autentica…
    Il romanzo è ambientato al Vomero e per chi non è napoletano, arrivare al Vomero non è arrivare a Napoli. È come se un turista a Roma visitasse, come prima cosa, i Parioli. Io non sono napoletano e non potrei raccontare questo quartiere della città. Per questo motivo ho voluto cambiare radicalmente la situazione che era rappresentata nel racconto, ambientando il film in altre zone di Napoli.

    Anche qui torna il tema del viaggio, anche se, in questo caso, è più un viaggio interiore…
    Fare un film è comunque fare un viaggio e quando le due cose coincidono, succede qualcosa di sorprendente, di nuovo, sempre. A me piace raccontare storie in cui caratteri e luoghi non siano statici. Fare un film viaggiando e muovendosi con i personaggi è davvero la mia idea di cinema.

     

    Fotografia di Claudio Iannone.

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    Al posto tuo, Croci: “Importante alleggerire i cuori degli spettatori”

    Al suo secondo film da regista, Max Croci si affida agli sceneggiatori Umberto Marino e Massimo di Nicola e alla coppia di attori Luca Argentero e Stefano Fresi per portare in sala una commedia sullo scambio di ruoli. Al posto tuo, buddy movie tutto italiano, sarà in sala a partire dal prossimo 29 settembre e, oltre ai due protagonisti, vede anche la partecipazione di Ambra Angiolini, Serena Rossi, Grazia Schiavo e Fioretta Mari.
    Due aziende che lavorano nel settore ceramiche e sanitari vengono fuse, ma il posto di direttore creativo della nuova società può essere occupato solo da una persona. Così la nuova direzione propone a Luca Molteni (Luca Argentero) e Rocco Fontana (Stefano Fresi), direttori creativi delle società fuse, di trascorrere una settimana scambiandosi le vite. Sciupafemmine, narcisista, egocentrico e single il primo, padre di famiglia, perennemente a dieta e severo genitore il secondo: Luca e Rocco fanno di tutto per ottenere la posizione lavorativa e quello che si rivelava essere un crudele scherzo del destino (e della direzione aziendale), presto diventerà occasione per conoscersi meglio e imparare l’uno dall’altro.

    L’idea di realizzare un buddy movie – afferma Max Crocimi divertiva molto. Questo è il mio secondo film, ma non ho vissuto l’ansia che, in genere, un regista vive quando realizza la sua seconda opera, anche perché ho iniziato a lavorarci quando ancora doveva uscire nelle sale il mio primo film, Poli Opposti“. Lo scambio di ruoli, posizioni o identità ha fatto la fortuna di tante commedie e grande ruolo, in questo genere di film, assume l’improvvisazione: “Sono molto preciso nel mio lavoro – continua il regista – e sul set arrivo sempre con il mio storyboard ben organizzato, quindi, in teoria, dovrei lasciare pochissimo spazio all’improvvisazione. In realtà non è così: quando trovo sul set idee geniali, che gran parte delle volte arrivano dagli attori, cerco sempre di capire in quale modo posso inserirla nel film. Ho lavorato così con tutti gli attori di Al posto tuo e credo fermamente che l’improvvisazione serva per formare anche meglio il gruppo con cui lavori, per misurarne l’empatia interna“.

    L’idea di mettersi nei panni di un altro ha colpito molto i due attori protagonisti: “La sfida – commenta Stefano Fresiera divertente di per sé. Insomma, io stavo per vestire i panni di Argentero con la consapevolezza di sapere che nemmeno i suoi calzini mi sarebbero andati! Mi divertiva molto questa opportunità e infatti lavorare a questo film è stata un’esperienza molto divertente“. Veterano della commedia, Luca Argentero ha sposato subito il progetto: “Oltre ad una mia gioia intrinseca di abbracciare la commedia, ho accettato perché la proposta di fare parte di questo film mi arrivava da Max, con il quale avevo appena finito di girare Poli Opposti. Avevamo consolidato una reciproca fiducia, non solo dal punto di vista professionale. Max è quel genere di regista che conferisce al prodotto, in questo caso una commedia, una certa qualità, ci mette davvero la sua firma. Ammetto, però, che il mio sì è arrivato solo dopo che Stefano aveva accettato: ho subito pensato che il regalo più grande che potessi farmi sarebbe stato quello di confrontarmi con una persona che io stimo molto“.

    Al posto tuo consente ai due protagonisti di fare un percorso di crescita, di rimettere totalmente in discussione le loro vite e per raccontarci questo scontro/incontro, Croci si serve di un genere che è croce e delizia della nostra cinematografia: “La commedia è vitale e credo sia importantissimo proporre qualcosa che, in un certo qual modo, alleggerisca i cuori degli spettatori. Sì, con la commedia è stato detto tanto, ma quello che mi auguro – conclude il regista – è che ce ne siano ancora tante altre“.

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    Intervista a Bernardo Bertolucci, presidente di Venezia 70

    A Venezia incontriamo il Presidente della Giuria Bertolucci, premiato dal Sindacato nazionale critici cinematografici; e’ l’occasione per un ragionamento a tutto tondo sul, giovane cinema italiano, sulle nuove tecnologie che rendono più facile accesso al mondo della regia ed infine dello spazio risicato che la critica occupa sui maggiori quotidiani. C’è spazio infine anche per i progetti futuri di un grande Maestro della Settima arte, che tra una settimana o poco meno assegnerà il Leone d’oro 2013.

    Maestro Bertolucci, come si trova impegnato com’è in giuria?
    È un lavoro molto duro fare il Presidente, me ne ero dimenticato. È una gran sgobbata, ma anche un gran divertimento, perché la cosa che amo di più e’ vedere del buon cinema ed andare in sala con la speranza sempre di essere sorpreso dal vedere quello stesso amore per il cinema che io sento forte.

    Cosa consiglierebbe oggi dall’alto della sua prestigiosa carriera ad un giovane regista?
    È sempre molto difficile consigliare… Ognuno trova dentro di se la motivazione che lo spinge a fare cinema, a raccontare; e’ qualcosa che va con i battiti del tuo cuore, con la tua forza, con la tua sincerità.
    Poi ci sono le moderne tecnologie, quindi dico ai giovani e giovanissimi registi di domani beati voi che cominciate in un mondo dove esistono queste piccole camere digitali, non si è schiavi dei costi della pellicola, delle attrezzature costosissime ed appannaggio di pochi. Ecco oggi si può e si deve girare molto, si deve andare fuori, guardare, ciò che si vuol raccontare. Poi dico sempre a chi mi domanda un consiglio di guardare tanto cinema, ore ed ore ed ore, non c’è scuola, non c’è palestra migliore che guardare ciò che si è fatto e cercare di sperimentare naturalmente qualcosa di nuovo.

    Lei è una colonna del cinema italiano, vede dietro di lei una generazione di nuovi cineasti interessanti?
    Ultimamente ho guardato con grande interesse alcuni film italiani che fanno ben sperare in questa direzione. Ci sono giovani che fanno cinema con vigore e tutto il sistema cinema italiano ne può trovare sostegno.

    Maestro lei oggi riceve un premio assegnato dal Sindacato  nazionale Critici Cinematografici. La critica però sta lentamente scomparendo dalle pagine dei giornali, cosa pensa in merito?
    Che ha perfettamente ragione, la critica e’ praticamente scomparsa dai quotidiani, relegata a qualche riga in corsivo, altrimenti nemmeno si vedrebbe. Cosa ha fatto di grazia il cinema al mondo del giornalismo per essere trattato in questo modo mi chiedo? Cos’è questa punizione del cinema? Come fanno i critici a parlare di un film in 10 righe? Non mi pare giusto, anzi io protesto per questo.

    Maestro, in conclusione, e’ un vero piacere trovarla qui al Lido, illustre Presidente di Giuria della Settantesima Mostra del cinema. Le chiediamo pero’ anche quali sono i suoi futuri piani di lavoro…
    Beh non corriamo troppo ma mi farebbe piacere tornare sul set. Vorrei anche presentare a Los Angeles in novembre la versione in 3D dell’ Ultimo imperatore’ e anche del mio ultimo film, “Io e te”.

    Di Titta DiGirolamo

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    Michael Reaves, Neil Gaiman e i vampiri

    Scrittore e sceneggiatore, a Michael Reaves dobbiamo l’esordio come attore del grande Neil Gaiman. Evento che vedremo in Blood Kiss, un film di vampiri molto lontano da essere ‘solito’ nato anche grazie alla raccolta fondi realizzata (con successo) sul sito KickStarter… Come ci racconta lui stesso.

    Un Noir ‘di vampiri’, da dove viene una storia ‘classica’ come questa?
    Film noir, detective stories e di vampiri hanno molto in comune. Hanno tutti radici profonde che affondano nei film espressionisti tedeschi degli anni ’30 e ’20. Caligari, Nosferatu, M, avevano tutti i disegni e motivi molto simili. Fondamentalmente si sono divisi sulla questione del realismo: il detective privato è passato per essere il miglior esempio di razionalità; gli aspetti soprannaturali non gli si adattavano. Ci sono sempre delle eccezioni, naturalmente: come “Ghostbreakers”, una commedia, realizzata sorprendentemente bene, in gran parte grazie allo stile di ‘codardia comica’ di Bob Hope, un ottimo ponte tra i due generi.

    E da quale passione, o sogno, personale?
    Per lo più, se non completamente, da un amore per i film di genere e le messe in scena stilizzata dei film noir. Volevo vedere quanto a fondo avrei potuto combinare i topoi del genere mistery/occhio privato con quelli dell’horror/vampiresco.

    E’ stato difficile coinvolgere gli Studios nella produzione?
    Quando ho finito Blood Kiss e l’ho dato al mio agente, l’ha letto e appena ha preso fiato mi ha assicurato che gli era piaciuto, poi subito dopo ha aggiunto che non avrebbe potuto venderlo. Sembrava che, in quel momento, in questa città non si potesse tirare un sasso senza colpire uno scrittore con un copione sui vampiri, il tipo frizzante, ammiccante e romantico, naturalmente. Sembrava che, anche se avessi piazzato Blood Kiss presso uno degli Studios, sarebbe finito probabilmente su una mensola a raccogliere più polvere di Kharis la Mummia mentre si struggeva per la principessa Ananka.

    Impossibile non chiederlo, perché dunque un altro film di vampire?
    Beh, che ne dite di persone normali, invece di eccessivi conti transilvani? Forse perché non ricordano costantemente alle loro vittime che “Il sangue è vita”, hanno un certo senso dell’umorismo su se stessi. Non posso commentare lo stile “Twinkleteeth” dei vampiri, perché non ne ho visto nessuno.

    E cosa c’è di nuovo, o diverso, in questo?
    La differenza principale è che non c’è niente di soprannaturale in questi vampiri. Non possono trasformarsi in pipistrelli o lupi, né hanno alcun problema con croci, specchi, e simili. Hanno reazioni da shock tossico ad argento e luce del sole, ma tutto è spiegato in termini di biologia.

    Di certo, di nuovo c’è l’esordio attoriale di Neil Gaiman, splendido creatore e scrittore anch’egli… Come l’avete coinvolto?
    Con Neil siamo amici da circa 20 anni. Di tanto in tanto gli chiedo il suo parere su cose cui lavoro, e questo script è stato uno di quei casi. Gli è piaciuto, ed è stato solo allora che mi son reso conto che sarebbe stato perfetto per la parte di Julian. Così gliel’ho chiesto. Lui ha borbottato, ha esitato e ha detto: “Ti rendi conto che non ho mai recitato prima?”; “Neil, hai interpretato te stesso per tutta la vita”, gli ho risposto. Non ha potuto che ammettere che fosse “assolutamente vero”.

    Un film nato grazie anche alla raccolta fondi online, sul sito kickstarter, sarebbe stato diverso con una produzione diversa?
    Molto probabilmente, ma sicuramente avrebbe richiesto molto più accattonaggio e suppliche.

    Si è appena aggiunta anche Whoopi Goldberg, avete dovuto aspettare di raggiungere una certa cifra?
    Whoopie è una incredibile sostenitrice delle arti. E’ stata uno dei nostri sostenitori e ha detto alcune cose talmente gentili che non mi sento di ripeterle…

    A questo punto, chi vorrebbe avere o state cercando di convincere dopo di lei?
    In questo momento ho un paio di nomi in mente, ma sono costretto a tacere su di loro fino a quando avremo finito la campagna e saprò a che punto saremo finanziariamente.

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