Renzo Martinelli alle radici dell’11 settembre
Il regista di Vajont e Piazza delle Cinque lune ci racconta la genesi di ’11 settembre 1683′, in cui dirige Murray Abraham, Enrico Lo Verso e Federica Martinelli.
La data dell’undici settembre è nota in tutto il mondo per l’attacco terroristico alle Torri Gemelle. C’è stato però, nel corso della storia, un altro 11 settembre che ha segnato il destino dell’umanità quanto l’attentato alle torri gemelle. Si tratta dell’11 settembre del 1683, il giorno in cui fu spezzato l’assedio dell’esercito ottomano alle porte di Vienna. Un assedio che durava da due mesi e che sembrava sul punto di terminare con il successo dei turchi. Questa storia ha due protagonisti principali, il Gran Visir Kara Mustafà e Marco da Aviano un frate cappuccino consigliere spirituale dell’imperatore Leopoldo I. Il frate, dopo aver incitato le truppe viennesi all’ultima disperata difesa, si arrampicò su una collina dalla quale osservò il campo di battaglia per tutta la giornata con il suo crocifisso sollevato al cielo.Non è un film contro una visione religiosa rispetto ad un’altra, piuttosto un film contro tutte le guerre, soprattutto quelle di religione. Renzo Martinelli ce lo racconta così:
Martinelli, un film sull’inutilità della guerra, soprattutto quella di religione…
Assolutamente si. Una delle scene chiave è quella dell’incontro notturno tra Karà Mustafa e Marco D’Aviano. Entrambi sono convinti di aver ragione, di rappresentare la ragione del proprio Dio. La soluzione è alla fine del film con un campo di battaglia con decine di migliaia di morti e Marco D’Aviano a testimoniare al cielo tutto il suo dolore… Occorre oggi passare dallo scontro del 1863 al confronto, nel rispetto reciproco delle opinioni, ribadendo con forza la propria identità.
Un film complesso il suo, avrà dovuto affrontare delle difficoltà produttive elevate per realizzarlo…
Il film ha avuto un costo industriale di quasi dieci milioni di euro. Inizialmente l’idea era quella di coinvolgere nella coproduzione le quattro nazioni protagoniste delle vicende del film, quindi Italia, Polonia, Austria e Turchia: anche se ci siamo arrivati molto vicino, alla fine gli ultimi due paesi si sono defilati, quindi è diventata una coproduzione italo-polacca. Un film del genere è ovviamente complesso sia dal punto di vista finanziario per quanto riguarda la raccolta dei fondi per realizzarlo, sia dal punto di vista post-produttivo: nel film ci sono 1400 inquadrature digitali, non c’è una sola inquadratura che non sia stata trattata. Quindi una fase di montaggio lunga e complessa.
Sono stati proprio i tempi molto lunghi della post produzione che ci hanno orientati, di comune accordo con Rai Cinema, a passare successivamente la distribuzione a Microcinema, che ha lavorato a tempo pieno e con grande passione su questo progetto.
Cosa l’ha spinta a voler raccontare questa storia?
Come accennavo è un film contro le guarre di religione, ma nasce da un’inquietudine collettiva che ci ha lasciato l’attacco alle Torri Gemelle. Ero al montaggio mi ricordo (tutti ricordano esattamente cosa facevano in quel momento dell’11 settembre 2001), stavo completando Vajont. Un amico mi chiamò e mi disse, è venuta giù uina torre a New York. Tornai al montaggio e mzz’ora dopo erano giù entrambe. Da allora la nostra società non è stata più la stessa.
L’idea è nata proprio dodici anni fa: eravamo in Friuli per l’anteprima del film Vajont. Avevamo organizzato una cosa insolita, all’aperto con una spettacolare platea proprio sulla pancia della diga. Il giorno precedente pioveva a dirotto, un vero nubifragio, avremmo dovuto annullare tutto se non avesse smesso. Qualcuno della troupe locale mi disse: “Non si preoccupi, dottor Martinelli, abbiamo pregato Marco d’Aviano, domani spiove…”. E fu così. Non avevo idea di chi fosse Marco d’Aviano e un mio amico accese in me la curiosità, che mi porta in sala oggi…
Difficile girare oggi in Italia uno dei suoi film epici, come ha fatto?
Non lo so ancora oggi. Ho girato mezza Europa per cercare finanziatori, con il cappello in mano, ma è una parte del mio lavoro di regista produttore, macchinista montatore. Comunque difficoltà finanziare anzitutto. Un film del genere va interamente disegnato, quindi uno storyboard di cica 1000 pagine. Va progettato inquadratura per inquadratura, tutti i contributi da girare nei mesi successivi sono da tenere in considerazione al millesimo. Ad esempio per completare ogni singola scena, anche cose banali come le vedute di Vienna dalle finestre della Palazzo Imperiale, vanno fatte in post produzione, ma va calcolata la luce il taglio d’ingresso, cose complicatissime.
Lei è uno dei nostri registi maggiormente tecnici, documentati al limite del maniacale. Con questa storia quanto è riuscito ad essere fedele e quanto c’è di romanzato?
Siamo partiti da un romanzo, Il Taumaturgo e l’Imperatore, di Carlo Sgorlon, scrittore friulano. Da lì abbiamo allargato, insieme al mio co-sceneggiatore Valerio Massimo Manfredi, a tutta una serie di ricerche di documenti storici, dai diari di Padre Cosma, il frate che accompagnava Marco d’Aviano per i suoi pellegrinaggi a piedi attraverso l’Europa, fino a tutti gli altri saggi e libri scritti sull’argomento, sia da parte occidentale che musulmana. Alla fine tutto questo materiale deve necessariamente diventare un film e trasformato drammaturgicamente in una storia. Molte delle licenze che mi sono preso, come l’incontro notturno tra i due protagonisti, servono comunque a restituire il senso profonde del film, ovvero l’insensatezza della guerra di religione
Instancabile Martinelli, sappiamo ad esempio che non ha ancora lanciato il suo ultimo lavoro in sala e già sta lavorando sul nuovo…
Si, da circa tre anni stiamo lavorando a un film su Ustica. Un film che fornisce una nuova ipotesi totalmente documentata su quello che è veramente successo secondo noi. Sarebbe la quarta. Oltre al cedimento strutturale di un aereo adibito al trasporto passeggeri dopo esser stato un aereo che trasportava pesce; dopo la tesi della bomba nella toilette di coda e del missile aria aria che vrebbe dovuto colpire un Mig Libico e invece colpì il DC-9 Itavia.
Riteniamo di avere individuato la vera dinamica di come sono andate le cose attraverso lo studio di documenti che evidenziano prove inconfutabili. Ustica è un insieme di verità inconfessabili che sono sempre state davanti ai nostri occhi, e che hanno portato a disseminare negli anni tutte le false verità che conosciamo.