Hitchcock: Ognuno ha il suo Passeggero Oscuro

VOTO: 3.5
Non un documentario, non solamente un dietro le quinte della realizzazione di uno dei più grandi film di tutti i tempi e – secondo molti – del capolavoro del ‘Maestro del Brivido’, ma qualcosa di più. In ogni senso. Un esordio davvero pregevole questo del documentarista (ma anche musicista, giornalista, sceneggiatore, anche per Spielberg – The Terminal – tra gli altri…) Sacha Gervasi che, da amante del personaggio in questione, sceglie il tono giusto e una chiave di (ri)lettura che renderà la storia particolarmente gradita per il pubblico.
Raccontare il “nostro piccolo film” diventa così l’occasione per parlare degli aspetti più nascosti di Hitchcock, quelli più oscuri – le sue ossessioni e manie, anche nascoste – come quelli più divertenti, ma soprattutto quelli più quotidiani e privati. Su tutti il rapporto con la moglie Alma. Suo ex capo, sua collaboratrice, co-sceneggiatrice e – fondamentalmente – sostegno della sua vita e della sua carriera.
Una presenza costante nel film è anche Ed Gein, serial killer conclamato (e ispiratore dei vari Hannibal cinematografici) che vediamo spesso interagire con il nostro Alfred in un rapporto che ricorda molto quello del Dexter televisivo col padre (anche se potremmo parlare di Dark Passenger anche per Hitchcock) e che sottolinea i tanti paralleli tra ossessioni e ossessivi, ivi compreso Anthony Perkins, e che rimanda fortemente al piacere voyeuristico del regista, dell’uomo, del filmmaker fedele solo alla visione resa dalla macchina da presa.
Le licenze sono quindi molte, ma deve essere chiara la premessa: non si tratta di un documentario né di una biografia. E’ la storia di una crisi e di una coppia. Forse nemmeno in quest’ordine. La crisi (successiva al successo di Intrigo Internazionale) di un uomo di 60 anni esaltato da tutti, ma piano scivolato nell’abitudine e dato per scontato, quando non per scavalcato; un uomo alla ricerca di nuove sfide e di nuovi rischi, per sentirsi libero. Una coppia che mette al centro una figura femminile che ritroveremo in qualche nomination tra qualche settimana, grazie anche a una maestosa e affascinante Helen Mirren, capace di mettere in secondo piano l’Hopkins nascosto sotto al trucco di Hitch (un fissità certo necessaria, ma a tratti forse un po’ troppo ‘spontanea’) e la splendida Johansson, più che discreta nei panni di Janet Leigh, soprattutto lontano dal set.
Per il resto, tanto divertimento, registico soprattutto. Nelle rivelazioni di una personalità complessa, nelle gag ripetute e nascoste dall’icona che già all’epoca sovrastava la persona, nel gioco continuato con le immagini che ancora oggi abbiamo di Lui e del suo cinema (si vedano i tanti profili, le sue ‘ombre cinesi’ e l’ispirazione finale per il prossimo film).