Uno, anzi due: Maurizio Battista dal teatro al cinema

In sala dal 9 aprile, il film porta su grande schermo gli spettacoli teatrali di Maurizio Battista. Oscillante tra forzature e gag divertenti, rischia però di porre troppi limiti alla veracità e alla spontaneità dell’attore. Notevoli le scene in coppia con Paola Tiziana Cruciani.
Uno, anzi due è un film di debutti: quello del regista Francesco Pavolini, qui al suo primo lungometraggio cinematografico dopo le esperienze televisive con Tutti Pazzi per Amore e I Cesaroni, e quello di Maurizio Battista, per la prima volta protagonista di un film (oltre che sceneggiatore). E, come tutti i debutti che si rispettino, la pellicola non è esente da difetti;
e salta subito all’occhio un Battista eccessivamente ingabbiato. Il film infatti, nasce dai divertenti monologhi teatrali che hanno fatto la fortuna del comico romano. L’intenzione di regista e sceneggiatori era proprio quella di riprendere i più famosi sketch del comico e di cucirli insieme in un film che non presentasse una struttura episodica. Pavolini & Co. ci riescono bene, di questo occorre darne atto, ma le stonature ci sono: Battista, che a teatro lavora con brillanti monologhi ispirati al quotidiano, perde al cinema quell’immediatezza che dà incisività e carica comica alle sue battute. Spesso rimane prigioniero dei meccanismi cinematografici e anche la sua prova attoriale subisce dei contraccolpi, dimostrandosi eccessivo in alcune scene.
Dopo una faticosa partenza, il film si riprende e sono le scene tra Battista e Paola Tiziana Cruciani a dare quel minimo di carattere alla pellicola mettendo in scena dei siparietti davvero unici e che fanno ridere di gusto.
Anche le performance di Ninetto Davoli, Ernesto Mahieux e di Claudia Pandolfi, che sorprende tutti con un ruolo fortemente e volutamente macchiettistico, permettono al film di farci sorridere e divertire. In un clima a volte grottesco (vedi la scena del funerale, con un cameo d’eccezione del Mago Silvan), Battista e Pavolini non riescono però ad andare oltre una commedia sciapa, che lascia con l’amaro in bocca soprattutto per una soluzione finale non bene (anzi, per niente) identificata.
Augusto D’Amante