La pioggia che non cade: Neoralismo pop-folk

Tonino Abballe alla sceneggiatura e Marco Calvise alla regia esordiscono con un lungometraggio dai contorni neorealistici che vede come “protagonista” un’affiatata band pop-folk alle prese con lo spietato “mondo” della discografia improvvisata .
E’ innegabile che l’elemento cardine de La pioggia che non cade sia il famoso “binomio” cinema-musica. È questo l’epicentro dell’esordio di Marco Calvise, costruito intorno a quel pizzico di “neorealismo” che oggigiorno condiziona – nel bene e nel male – il nostro cinema. Riadoperare questo genere oramai, sembra essere un pretesto per poter rendere abbordabile qualsiasi tipo di lavoro, che oggettivamente può risultare impossibile – o totalmente estraneo – col contesto cinematografico. Il rischio a volte è di vedere film che risultano copie sbiadite di quel “neorealismo d’autore” che oramai non esiste più. Marco Calvise con La pioggia che non cade, nel suo piccolo riesce a rendere nitido quel sottobosco underground di band emergenti che spesso e volentieri sono alle prese con quelle false promesse figlie della cosiddetta “discografia improvvisata”. Peccato però che le interpretazioni non siano proprio idilliache – erronea l’alternanza di dialettica pecoreccia stile Vanzina con momenti pseudo-drammatici – e che la storia purtroppo risulti sterile. Tutti quegli elementi che in qualche modo vengono esortati – amicizia, coesione etica messe contro all’opportunismo e allo sciacallaggio industriale – sono troppo poco per poter rendere questo lavoro un film propriamente per il cinema. Apprezzabile la semplicità con cui viene diretto il tutto ma è difficile esortare la massa in scena di un lavoro che sembra più essere un “trampolino di lancio” della band romana protagonista – gli Inverso – che un vero e proprio film incentrato sulla musica. Occasione decisamente sprecata. Alessio Giuffrida