Tutti pazzi per Rose: Nomen Omen
L’esordiente francese Roinsard si affida ai classici senza scrupoli, e la passione per la leggerezza da commedia anni ’50 lo premia.
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Non tutti gli stereotipi vengono per nuocere, si potrebbe dire. A maggior ragione per un film del genere, visto all’interno di un Festival di cinema (quello di Roma) e pensato in previsione di una uscita cinematografica.
Una commedia semplice, costruita su uno spunto impensabile anche se non su una struttura di qualche originalità. Tutti pazzi per Rose (in originale Populaire), in uscita il 30 maggio, ruota intorno a un meraviglioso e splendidamente ‘fifties’ concorso di dattilografia, trovata seconda solo a quella geniale di Butter di Jim Field Smith.
I sogni da segretaria su emancipazione, imprenditoria moderna, amore romantico e realizzazione di sé sono esattamente quelli che potreste aspettarvi. A questo si aggiungano una bionda e dolcissima Déborah François (7 anni dopo l’esordio di L’Enfant dei Dardenne premiato a Cannes) e un belloccio e versatile Romain Duris (Il truffacuori) – per tacere della splendida Bérénice Bejo, nei panni della cattiva di turno – e l’esordio di Régis Roinsard finisce per regalare più di un sorriso.
Gli scricchiolii si avvertono, anzi, quando si cerca di dare una cornice storica (la Grande Guerra, la Resistenza…) e psicanalitica ai rapporti.
Meglio ignorare i dettagli, quindi, e godersi la favoletta di questo pigmalione moderno, ché lo spirito nazionale della produzione d’origine potrebbe far storcere il naso ai nostri connazionali più permalosi nel vedersi rappresentati come poco sportivi e troppo temperamentosi (ovviamente, poi, ci sono anche gli statunitensi affaristi e i francesi romantici)…



